Per quelli che non hanno familiarità con lo sport, o con gli sport motoristici in generale per questa questione, i meccanici sono in grado di completare queste operazioni con tempi davvero impossibili. Appartengono ormai alla preistoria i tempi in cui i pit stops si misuravano in secondi interi, visto che attualmente la durata media è di 3.1 secondi. Ma in che modo i pit stops si sono evoluti così tanto nei tempi moderni? Indaghiamo.

Per gran parte della storia delle corse automobilistiche, si è creduto che i piloti si fermassero solo in caso di un problema, con estremamente rari rifornimenti di carburante o cambi gomme programmati. Ma il mondo delle corse ha subito un cambiamento drastico a partire dagli inizi degli anni 80.

Si è scoperto che le gomme più morbide consentivano di avere più grip in curva rispetto a quelle più dure, ma si consumavano più rapidamente. Nel frattempo, le squadre hanno iniziato a capire che meno carburante nel serbatoio significava che la macchina sarebbe stata più leggera e veloce, garantendo loro una velocità sul giro più elevata.
Dopo aver preso in considerazione questi fattori, i calcoli hanno mostrato che le squadre avrebbero risparmiato tempo durante la gara cambiando le gomme e rifornendo il carburante e che, così facendo, sarebbero anche migliorate le performance della macchina. Nonostante il circo della Formula Uno fosse in giro per il mondo già dagli anni 50, questo è stato il suo più grande progresso sportivo.

L’idea prende piede

Le squadre hanno iniziato a rendersi conto che quanto ipotizzato nei test aveva un riscontro reale in pista e i pit stop sono immediatamente diventati parte integrale della corsa. Gli appassionati di F1 hanno sempre avuto ben chiaro in mente che i pit stop possono far vincere o perdere una corsa, ma la maggioranza probabilmente non ha capito che la differenza nelle tempistiche sarebbe stata così ampia una volta che il rifornimento del carburante fosse stato vietato.

Il divieto di rifornimento, che fu stabilito principalmente per motivi di sicurezza, arrivò nel 1984 ma dieci anni dopo fu ristabilita la sosta carburante di metà gara. Comunque, questa decade ha mostrato alle squadre che era significativamente più veloce vietare il rifornimento durante la corsa. Il pit stop medio, anche allora, durava solo quattro secondi prima che la Formula 1 tornasse indietro rispetto alla decisione del “no rifornimento” e il palcoscenico fu attrezzato per pit stop e cambi gomme eccezionalmente veloci.

L’ottimizzazione porta a cambiamenti rapidi

Tutto a un tratto i pit stop hanno iniziato a durare tre secondi, a volte anche meno. Il motivo principale? Hanno deciso di ottimizzare l’intero processo. Gli ingegneri hanno iniziato a pensare come scienziati e hanno esaminato ogni minuscola parte della vettura. I progressi tecnologici sicuramente hanno avuto un ruolo importante nei progressi: per esempio le pistole pneumatiche che si auto posizionano, capaci di rimuovere e stringere dadi e bulloni sulla ruota.

Ma il merito non è stato solo della tecnologia. Si sono concentrati anche sull’ottimizzazione delle squadre addette ai pit stop e ai meccanici: e hanno avuto ragione. Dopo tutto, i meccanici erano parte del processo tanto quanto la tecnologia.  Sono stati operati importanti cambiamenti che alla fine hanno fatto un’enorme differenza nei tempi, iniziando a farli lavorare secondo lo schema e la logica della catena di montaggio.

Improvvisamente, ai box sono state messe tre persone per ogni gomma, in modo da garantire che tutto il processo andasse liscio. Il compito del primo meccanico è rimuovere la gomma vecchia, il secondo deve posizionare il nuovo pneumatico e il terzo fa funzionare la pistola.
Niente è lasciato al caso e i loro movimenti sono così precisi e studiati alla perfezione, come una coreografia, che ci sono spesso differenze di pochissimi secondi. Nelle corse di oggi ci sono a volte 20 persone che lavorano intorno a una macchina durante un pit stop e tutte operano nello spazio di un paio di secondi. Il modo in cui gli ingegneri e i meccanici hanno sviluppato il processo è sorprendente e anche lo staff dei box merita sicuramente un applauso per il ruolo nel processo stesso, specialmente quando consideriamo che la durata media di un pit stop nel 2009 era tra i 6 e i 10 secondi più lunga di quelli odierni.

I record crollano, ma i tempi caleranno ancora?

Il record del pit stop più veloce è stato infranto molte volte, ma ce ne sono un paio che meritano più attenzione degli altri. Nel 2012 la McLaren ha realizzato un intervento in corsa sulla macchina di Jenson Button in soli 2.3 secondi. Questo ha consentito al pilota britannico di guadagnare un secondo di vantaggio su tutti i suoi avversari durante la fase del pit stop: così il campione del mondo 2009 si è assicurato un posto sul podio.

La Red Bull ha infranto il record della McLaren per ben due volte nella stagione successiva. Sono stati in grado di completare un pit stop completo in soli 2.05 secondi sulla macchina di Mark Webbber durante il Gran Premio di Malaysia,  prima di registrare un fenomenale 1.923 secondi nel GP degli Stati Uniti ad Austin. Sarà difficile vedere infranto quel record, ma non dimentichiamo che la gran parte delle persone impegnate in Formula 1 non avrebbe mai pensato che sarebbero stati possibili pit stop inferiori ai tre secondi. Ed eccoci qui.

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