È trascorsa un’era geologica dal giorno il Corriere della Sera titolava “Camporese locomotiva d’Italia”, quando Omar, sconfiggendo Goran Ivanisevic in finale a Milano il 9 febbraio 1992, si posizionava al numero 18 della classifica ATP; lo stesso ranking è stato raggiunto, in tempi più recenti, prima da Andrea Gaudenzi e poi da Andreas Seppi.
Poi, il 4 giugno 2019 Fabio Fognini è entrato nei top ten, 41 anni dopo Corrado Barazzutti: più di un’era geologica nello sport. E da lì è stato un trionfo. Matteo Berrettini, che avevamo indicato come uno degli sportivi italiani più attesi nel 2020, ha seguito le orme del Fogna da Arma di Taggia: alla sua terza stagione nel circuito ATP raggiunge la posizione numero 8 in classifica, si qualifica per le Finals di Londra e diventa anche il primo azzurro a vincere un match nel prestigioso appuntamento di chiusura del calendario del tennis mondiale. E Jannik Sinner? Per il diciottenne di San Candido, già numero 68 del mondo, si prospetta un futuro da vincitore di Slam.
Abbiamo parlato di questa vera e proprio golden age del tennis maschile italiano con Alessandro Nizegorodcew, telecronista di Super Tennis TV, in esclusiva per il blog italiano di 888sport.
Berrettini, Sinner, ma anche Sonego e i recenti successi di Mager. Sembra una nuova età d'oro per il tennis maschile italiano. Dove nasce, secondo te? È frutto di un progetto o è causale, per la disponibilità di una generazione di talenti?
“È corretto parlare, per il tennis maschile italiano, di una nuova età dell’oro. Secondo me, nasce da diversi fattori. In parte è casuale, nel senso che, come avvenuto negli anni passati nel tennis femminile, ci sono tanti giocatori forti che escono fuori nello stesso periodo. Da questo discorso escludiamo, ovviamente, Fognini che è a quel livello da molti anni e, quindi, non fa parte di questa generazione, anche se in questo momento è ancora lì.
Parlando quindi dei talenti di cui mi chiedevi, un fattore è stata la consapevolezza acquisita dopo la semifinale raggiunta da Cecchinato a Parigi nel 2018 che ha fatto capire a tutti come, con il lavoro e la determinazione, raggiungere traguardi così importanti non è impossibile. Un’altra componente fondamentale, in questo processo di crescita, è la presenza di una schiera di allenatori italiani che, in questo momento, fa invidia al mondo intero”.
Per anni si è polemizzato sui rapporti tra circoli, allenatori privati dei tennisti e la federazione: che momento è? I successi sono frutto anche di una sorta di pax?
“In passato non c’era grande collaborazione tra FIT e team privati. Soprattutto da quando, però, è arrivato Umberto Rianna al progetto federale per gli Under 18 si è cominciato a creare un ottimo rapporto con tutti i team privati. Addirittura, lo stesso Rianna, accompagnato da Filippo Volandri, è entrato nei team privati come federale con Berrettini, Sonego e anche altri ragazzi più giovani.
Dalla ripresa dell’attività tennistica, seguirà Musetti e Zeppieri, oltre ai loro team: si è, quindi, creata una sinergia importante a livello tecnico tra la federazione e i coach privati, che seguono i tennisti nel corso di tutto l’anno. Oltretutto, con questa collaborazione è stato stabilito anche un supporto economico federale che, soprattutto per i giovani, è molto importante questo step degli ultimi anni. Finalmente, insomma, la FIT sta dando una bella mano!”
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Non sappiamo quando il tennis potrà ripartire, ma che stagione ti aspetti per Matteo Berrettini dopo gli enormi exploit del 2019? C'è rischio di perdere molti punti, secondo te, o ormai ha trovato un posto stabile nei top 10?
“Molto dipenderà dal discorso dei punti congelati per l’interruzione, quando si riprenderà. Secondo me, a questo punto, Berrettini spera che si riparta dopo New York, almeno non dovrà difendere quei punti: è molto difficile, comunque, capire quello che potrà succedere, non essendo chiaro quando si ricomincerà a giocare. Matteo ha la possibilità di rimanere nei top ten, anche perché ha tutte le qualità tennistiche e, soprattutto, mentali per farlo: si abituerà presto a quel tipo di livello”.
Per Jannik Sinner si prospetta un futuro da top, da potenziale vincitore di tornei dello Slam: quanto e, soprattutto, cosa gli manca dal tuo punto di vista?
“Sinner ha sicuramente potenzialità da top, da vincitore di uno Slam, ma gli manca ancora tanto. È giovanissimo e gli manca esperienza, anche semplicemente giocare un certo tipo di partite, tanti match tre su cinque, perché poi è negli Slam che si fa davvero la differenza. Sta lavorando tantissimo sul gioco di volo, che è ancora quasi totalmente assente, ma è fondamentale per il modo di giocare di questi anni: ormai, per vincere i grandi match bisogna andare a chiudere i punti a rete.
Dal punto di vista tecnico da fondo, il dritto può essere ancora migliorato, mentre il rovescio è meraviglioso. Il ritmo che imprime allo scambio è devastante già oggi, quindi per l’altoatesino è solo una questione di migliorarsi sotto tutti i punti di vista giocando. Più giochi, più ti alleni e migliori: è una conseguenza abbastanza naturale, tipica per tutti i grandi tennisti”.
L'era dei magnifici 3 sta per finire, o comunque non sarà eterna: il posto tra i futuri re del tennis mondiale potrà essere di un italiano?
“Dopo l’era di Federer, Djokovic e Nadal, secondo me per le scommesse e quote per il tennis ci sarà un momento privo di dominatori assoluti, un po’ come quando c’era gente come Hewitt, Roddick e altri che si alternavano in vetta alla classifica. Ci saranno grandi giocatori che vinceranno più di altri, come Auger-Aliassime che, secondo e, vincerà uno Slam, Zverev o Tsitsipas; e un paio di Roland Garros a Thiem penso non li toglierà nessuno, quando smetterà Nadal. Lo stesso Shapovalov, più costruito e ordinato, potrà andare a vincere uno Slam, come Wimbledon o Melbourne che vedo adatto alle sue caratteristiche. Ci sarà, insomma, tanto ricambio e tanti vincitori diversi nei tornei dello Slam, dopo i fab three”.
La Coppa Davis manca all’Italia dallo storico successo di Santiago del Cile nel 1976: potrebbe essere il momento giusto per vincere di nuovo?
“Con la nuova formula a gironi, è tutto diverso. Se quest’anno si disputerà la Davis, il sorteggio per l’Italia è favorevole: la Colombia non è una squadra irresistibile, per quanto ostica e con un doppio fortissimo formato da Cabal e Farah. Abbiamo grandi possibilità di andare avanti: la Davis è qualcosa che si spera, a prescindere dalla formula, l'Italia possa portare a casa prima o poi”.
Paradossalmente, il momento top del nostro tennis maschile coincide con un periodo non facile per quello femminile: come te lo spieghi? E chi c'è, tra le ragazze, da tenere d'occhio?
“In parte, come detto per quello maschile, anche per il momento del tennis femminile la motivazione è dovuta al caso: com’è stato un caso fortunato avere tante giocatrici fortissime contemporaneamente nel recente passato, ora c’è un po’ di sfortuna. Le ciclicità sono inevitabili in tutti gli sport, ma nel tennis in particolare. Qualcosa si sta comunque muovendo dalle parti delle giovani: per esempio, Delai e Pigato sono due 2003 molto interessanti. Nel centro di Formia, guidato da Tatiana Garbin e Vittorio Magnelli, stanno lavorando molto bene.
Dobbiamo, quindi, solamente avere pazienza: forse aspetteremo tre o quattro anni prima di vedere risultati importanti; non come il tennis maschile attuale, ma mi aspetto quattro o cinque giocatrici tra le prime cento al mondo. Mi pare uno scenario plausibile. Comunque c’è Camila Giorgi che, per quanto molto criticata, salva sicuramente la baracca. Elisabetta Cocciaretto può arrivare tra le prime cinquanta al mondo nel giro di un paio d’anni; Paolini e Treves sono brave giocatrici in grado di raggiungere buoni risultati, ripetendo un po’ in piccolo quello che è successo con Cecchinato in campo maschile”.
*La foto di apertura dell'articolo è di Luca Bruno (AP Photo).