Negli anni Novanta del XIX secolo, il Massachusetts era evidentemente un luogo in cui le idee, soprattutto quelle riguardanti lo sport, circolavano e si evolvevano con una sorprendente rapidità. Basterebbe pensare che nel 1891, nella città di Springfield, il dottor James Naismith inventava una disciplina chiamata basketball.
La diffusione della pallavolo nel mondo
Con Velasco il volley diventa di tutti
L'epoca del Rally Point System
Quattro anni più tardi, a pochi chilometri di distanza, nasceva invece un altro degli sport più amati e praticati al mondo: la pallavolo. A crearla e a codificarla è William G. Morgan, che voleva offrire agli iscritti alla YMCA un’attività ludica che si potesse praticare all’interno ma che prevedesse meno sforzo fisico del basket.
La mintonette
L’idea di Morgan è quella di unire caratteristiche di sport diversi, a partire dal badminton. Proprio per questo la pallavolo primordiale viene chiamata “mintonette”, ma già dalla prima esibizione (datata 1896) diventa chiaro che l’elemento caratteristico del nuovo sport è il fatto di colpire la palla al volo.
E quindi, che volleyball sia, ma con delle regole che all’inizio sono molto diverse da quelle che conosciamo oggi. Intanto il numero dei giocatori era variabile, mentre il sistema di punteggio era mutuato dal baseball: nove inning, con tre servizi per squadra ogni inning.
A proposito di servizio, come nel tennis c’era, per le regole pallavolo la possibilità di ritentare se il primo finiva a rete. La differenza principale, però, sta nel numero di tocchi consentiti. Nelle prime partite di pallavolo non esistevano limiti e quindi una squadra poteva tranquillamente continuare a passarsi la palla alla ricerca di un’opportunità di fare punto.
La diffusione della pallavolo nel mondo
Con il tempo, la pallavolo ha assunto le regole con cui è diventata celebre del mondo, ma ha anche visto i suoi fondamentali mutare. La presenza statunitense nelle Filippine permette la diffusione del nuovo sport ed è proprio da quelle parti che negli anni Dieci del Novecento si comincia a sviluppare il metodo principale per fare punto, la combinazione di alzata e schiacciata e vengono stabilite alcune regole fondamentali, come quella del massimo di tre tocchi per ogni azione e l’impossibilità di schiacciare da sotto rete per chi inizia lo scambio nella parte posteriore del campo.
Nel frattempo comincia la diffusione della pallavolo a livello mondiale. Il tutto, paradossalmente, grazie alla Grande Guerra. Quando gli Stati Uniti organizzano la forza di spedizione in Europa per supportare l’Intesa, assieme ai soldati vengono spediti anche decine di migliaia di palloni da pallavolo, per garantire alle truppe un minimo di intrattenimento e di attività sportiva senza necessità di troppe attrezzature.
Ed ecco perché nelle nazioni in cui arrivano i soldati americani cominciano a vedersi i primi praticanti della pallavolo. In Italia, per esempio, la federazione viene fondata nel 1928, ma lo sport si diffonde a macchia d’olio anche in Francia e in Olanda, nazioni che non per nulla hanno una tradizione pallavolistica più importante rispetto al resto dell’Europa occidentale. Ma anche a est si comincia a giocare e proprio da quelle parti nasce un altro fondamentale destinato a diventare una caratteristica principale dello sport: il muro.
La fondazione della FIVB
Per una diffusione più capillare, però, bisogna attendere il secondo dopoguerra. La FIVB, la federazione internazionale, nasce nel 1947 e nel giro di due anni nascono anche le competizioni internazionali. Il primo Europeo viene organizzato nel 1948 in Italia e viene vinto dalla Cecoslovacchia, che un anno dopo organizza anche il primo campionato mondiale.
Sia a livello continentale che globale, per parecchi anni la pallavolo è terreno di conquista delle nazionali del Patto di Varsavia, che si aggiudicano tutti i mondiali e quasi tutti i Giochi Olimpici (a cui la pallavolo è presente dal 1964) fino agli anni Ottanta, quando però gli inventori dello sport, gli statunitensi, tornano a dominare, imponendosi due volte alle Olimpiadi e una ai Mondiali grazie a “King” Karch Kiraly, che verrà eletto come giocatore del secolo assieme all’italiano Lorenzo Bernardi.
Negli stessi anni si diffonde a macchia d’olio anche la versione da spiaggia della pallavolo, il beach volley, molto praticato sia negli USA che in Brasile e che nel 1996 diventa a sua volta sport olimpico ed opzione ulteriore per le scommesse nei grandi tornei del circuito PRO!
Con Velasco il volley diventa di tutti
Negli anni Novanta, complice la caduta della Cortina di Ferro e la libera circolazione degli atleti dell’ormai ex blocco sovietico, a crescere sono i movimenti europei, in particolare quello italiano. Sotto la guida di Julio Velasco, la nazionale maschile azzurra domina in lungo e in largo a livello europeo e mondiale, ma senza mai riuscire a togliersi la soddisfazione di portare a casa un oro olimpico.
La crescente diffusione dello sport e l’inizio di trasmissioni regolari in TV dei campionati più importanti, porta però a una grande rivoluzione. Il vecchio sistema di punteggio, in cui era possibile portare a casa punti solo quando una squadra iniziava lo scambio con il servizio, rendeva le partite molto lunghe e meno attraenti.
L'epoca del Rally Point System
Dunque, nasce il Rally Point System, che elimina il cambio palla, rendendo più frizzanti anche le scommesse pallavolo e che porta il punteggio necessario a vincere il set a 25, invece che a 15 come era in precedenza.
Questa innovazione, codificata nel 1999, all’inizio viene abbastanza avversata dagli addetti ai lavori, ma l’effettivo aumento della spettacolarità dei match e l’apprezzamento del pubblico hanno fatto sì che non si sia mai tornati indietro. Un anno prima, nasce anche un nuovo ruolo nella pallavolo mondiale, quello del libero, un giocatore prettamente difensivo a cui non è permesso schiacciare ma che, vista la sua specializzazione, diventa in breve tempo fondamentale per lo sviluppo del gioco, al punto che esistono delle regole apposite per il ruolo.
Negli ultimi anni, la pallavolo ha seguito gli altri sport in uno sviluppo legato a doppio filo alla tecnologia.
Esattamente come nel tennis, nasce la possibilità di chiedere un “challenge” alle decisioni arbitrali attraverso la tecnologia dell’occhio di falco o della ricostruzione al computer del colpo. E la continua crescita sia della base dei praticanti che dell’importanza mediatica del volley è una dimostrazione che le ultime innovazioni sono andate incontro alle richieste del pubblico e di chi scende in campo.
Rispetto agli anni in cui la pallavolo era una disciplina che sembrava destinata a un ridotto numero di paesi, ormai ovunque al mondo c’è la possibilità di praticarla e di vederla giocare. Un qualcosa di cui non tutti gli sport possono vantarsi…
*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.