Le Hall of Fame non avranno la parola definitiva quando si parla della grandezza di un atleta o di una squadra, ma quando si è i primi a essere inseriti, beh, forse qualcosa vorrà anche dire. E il primo club a finire nella sala della gloria del basket italiano è stato la gloriosa Pallacanestro Varese, che ha ricevuto questo onore nel 2016.
Vedendo il palmares, c’è ben poco da stupirsi: 10 scudetti, 4 Coppe Italia, una Supercoppa Italiana, due Coppe delle Coppe, ma soprattutto cinque Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali, che rendono Varese la società italiana più vincente a livello internazionale.
La storia della Pallacanestro Varese
La storia della Pallacanestro Varese comincia nel secondo dopoguerra, nel 1945, con la promozione tra i grandi dopo appena una stagione in Serie B. Per ottenere i primi successi, però, bisogna attendere l’arrivo di Giovanni Borghi.
L’industriale milanese diventa presidente nel 1956 e decide di legare la squadra al marchio Ignis, che in quel periodo era uno dei principali marchi di elettrodomestici sia in Italia che in Europa.
Il primo titolo arriva nella stagione 1960/61 e apre una stagione di vittorie pressochè ineguagliata Varese si impone di nuovo in campionato nella stagione 1963/64, mentre nel 1966 vince la Coppa Intercontinentale, la prima edizione mai disputata, e si vede revocare il titolo vinto contro i rivali della Simmenthal Milano per aver schierato nello spareggio l’americano Tony Gennari, che aveva chiesto il passaporto italiano ma il cui tesseramento, dopo mesi di polemiche, è risultato irregolare.
Nella stagione successiva arriva il primo successo europeo, la Coppa delle Coppe.
Si tratta solo del preludio al periodo più vincente della storia della società. A partire dalla stagione 1968/69 per finire nel 1981, anno del disimpegno della famiglia Borghi, Varese vince 7 campionati, tutte e quattro le Coppe Italia della sua storia, un’altra Coppa delle Coppe e ben cinque Coppe dei Campioni.
Varese 10 volte di fila in finale di Coppa Campioni
In particolare, la squadra bosina riesce in un’impresa ineguagliata (e probabilmente anche ineguagliabile): tra l’edizione 1969/70 e quella 1978/79 si presenta per dieci anni consecutivi alla finalissima della massima competizione continentale.
Il periodo d’oro è caratterizzato da una serie di giocatori e di allenatori che hanno scritto la storia del basket italiano e continentale. In campo si distinguono un’icona come Dino Meneghin, il playmaker Aldo Ossola, Edoardo “Dodo” Rusconi e l’americano Bob Morse, mentre in panchina i nomi che risaltano sono quelli di Aza Nikolić, Nico Messina e Sandro Gamba.
L’era dei grandi trionfi si apre nel 1969, con la doppietta campionato e Coppa Italia, ripetuta anche nella stagione successiva, in cui però arriva addirittura il Triplete, con la Coppa Campioni vinta in finale contro il CSKA Mosca.
Nella stagione 1970/71 la Ignis deve accontentarsi “solo” dell’accoppiata titolo e coppa, a cui però aggiungere la seconda Intercontinentale. Nell’annata 1971/72 niente scudetto, ma in compenso c’è la Coppa dei Campioni, stavolta vinta contro la Jugoplastika Spalato, mentre il 1972/73 è foriero di un altro tris, battendo di nuovo il CSKA nella finale continentale.
Nella stagione 1973/74 arriva lo scudetto, mentre in quella 1974/75 e in quella 1975/76 in bacheca arrivano le ultime due Coppe Campioni, entrambe battendo in finale il Real Madrid.
Poi in Europa arriveranno tre finali consecutive perse per chiudere il filotto delle 10 giocate, mentre in Italia Varese conquista altri due scudetti, tra 1977 e 1978. Il ciclo termina nella stagione 1979/80, quella in cui la squadra porta a casa la seconda Coppa delle Coppe.
Ma tutte le grandi storie hanno una fine e dall’inizio degli anni Ottanta in poi Varese, pur mantenendo ovviamente un certo blasone, non ha mai saputo ripetere i fasti dei due decenni precedenti, vincendo in alcune occasioni la regular season e arrivando in finale dei play-off.
Lo scudetto della Stella di Varese
Gli unici trofei che si sono aggiunti alla bacheca dopo il periodo legato alla famiglia Borghi sono lo scudetto della stagione 1998/99 e la successiva Supercoppa Italiana.
E non può certo essere un caso che tra quelli che hanno contribuito di più a queste due vittorie sia Andrea Meneghin, figlio del grande Dino, che assieme all’attuale CT azzurro Gianmarco Pozzecco, ad Alessandro De Pol, a Giacomo “Jack” Galanda, al bomber croato Veljko Mršić e al centro portoricano Daniel Santiago portano a Varese lo scudetto della stella, il numero 10, con alla guida in panchina il grande Carlo Recalcati.
Negli ultimi anni però non sono mancati anche i problemi finanziari.
Basti pensare che nella scorsa stagione Varese aveva raccolto 34 punti, potendo ambire a rappresentare la classica mina vagante, anche per le scommesse sportive, nei playoff, ma è arrivata una penalizzazione di 11 punti per non aver adempiuto agli obblighi economici nei confronti dei dipendenti, spedendo la squadra nelle parti basse della classifica.
Il monte ingaggi della Openjobmetis Varese 2024
Ed ecco perchè anche nella stagione 2023/24 non ci si può aspettare un monte stipendi molto alto per quella che ormai dal 2014 è conosciuta per ragioni di sponsorizzazione come Openjobmetis Varese.
Il dato preciso non c’è, ma quel che è certo è che gli stipendi corrisposti dalla società lombarda ai suoi giocatori sono nell’ordine del milione di euro totale, rimanendo abbastanza al di sotto delle cifre spese non solo da corazzate come Milano e Bologna, ma anche rispetto alle nuove realtà del basket italiano come Derthona, Venezia e Sassari.
Anzi, secondo La Prealpina, si tratta del tredicesimo budget sulle 16 squadre che giocano il massimo campionato.
Rispetto allo scorso anno, in cui c’era un solo giocatore con lo stipendio superiore ai 100mila euro, lo statunitense Jaron Johnson, che ne guadagnava circa 175mila, la società bosina è riuscita a spendere qualcosa in più, nell’ordine del 10%.
Si riparte da Willie Cauley-Stein e Leonardo Okeke
L’ultimo tassello nella rosa affidata allo statunitense Tom Bialaszewski è un giovane talento del basket italiano, ovvero Leonardo Okeke.
Il lungo classe 2003 è arrivato a Varese con la formula del prestito biennale da parte dell’Olimpia Milano e, nonostante la giovanissima età, porta in dote anche una certa esperienza al di fuori dall’Italia, avendo giocato nella scorsa stagione in Spagna a Badalona, pur dovendo riprendersi da un infortunio all’anca.
L’altro nome di grido è quello di Willie Cauley-Stein, 221 cm di altezza, che in passato ha giocato in NBA con Sacramento Kings, Golden State Warriors, Dallas Mavericks e Philadelphia 76ers: per le scommesse live sulla Lega più amata del Mondo, il centro di Kentucky ha collezionato 422 partite con una media punti di 8.7!
Di certo, lo statunitense non può aspettarsi i 4 milioni all’anno che riceveva a Dallas o a Sacramento, ma il suo dovrebbe essere lo stipendio più alto di Varese. Che, dall’alto del suo blasone, nonostante un budget da lotta salvezza, vuole puntare ai play-off.
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