Non di solo Motomondiale vive il motociclismo. Certo, le imprese di Pecco Bagnaia ed Enea Bastianini in quello che è a tutti gli effetti (compreso il controllo da parte di Liberty Media) il corrispettivo a due ruote della Formula 1 hanno maggiore rilevanza.
E anche nei decenni passati, tra leggende come Giacomo Agostini e Mick Doohan, le battaglie tutte italiane tra Valentino Rossi e Max Biaggi, ma anche quelle del Dottore contro Sete Gibernau e Marc Marquez hanno scritto pagine di storia delle moto.
Eppure, chi ai prototipi costruiti appositamente per i circuiti preferisce le derivate di serie ha certamente un posto nel suo cuore per il mondiale Superbike.
Le regole del mondo Superbike
La competizione nata nel 1988 mette infatti in pista versioni modificate di moto che vengono messe in vendita al pubblico. Un aspetto molto importante per le case costruttrici, che a differenza di quanto avviene nel motomondiale hanno una pubblicità diretta non solo al marchio, bensì proprio al modello che scende in pista.
Questa differenziazione ha fatto sì che agli inizi venisse stabilita una regola secondo cui un modello può essere utilizzato per il campionato Superbike solo se ne sono stati prodotti e messi in vendita in concessionario almeno 1000, il che porta all’impossibilità di iscrivere al mondiale alcuni modelli che sono stati prodotti in edizione limitata.
Le modifiche del regolamento che ci sono state nel corso degli anni hanno portato poi il numero minimo di moto vendute a 2000, mentre altre norme hanno stabilito quali parti possono essere modificate rispetto alla versione da strada.
Quello che ha fatto la differenza a livello di partecipazione è stata la possibilità per le case costruttrici di schierare le loro moto di punta, quelle con motore a quattro cilindri e con cilindrata 1000, e ci sono delle aziende, come per esempio la Kawasaki e la BMW, che hanno optato per concorrere solamente in Superbike proprio per i benefici che il campionato offre per quanto riguarda la vendita dei modelli da strada.
Dopo essere stato considerato il… cugino povero del Motomondiale, il mondiale Superbike ha cominciato ad attrarre parecchio interesse non solo nel mondo britannico e in quello giapponese, da sempre particolarmente attenti alle derivate di serie, ma in tutto il pianeta.
Con Fogarty e Bayliss si entra nella leggenda
,A contribuire a questo aumento di popolarità sono stati piloti che hanno scritto la storia della categoria e la cui storia in alcuni casi si è incrociata anche con il Motomondiale.
La prima grande leggenda della Superbike è stata il britannico Carl Fogarty, che ha dominato negli anni Novanta vincendo quattro volte il titolo in sella a una Ducati. La casa di Borgo Panigale è stata la prima a puntare forte sulla Superbike, dominando per parecchi anni prima di tornare a partecipare anche al Motomondiale (peraltro con risultati lusinghieri) nel 2007.
Sempre in sella a una Ducati ha vinto i suoi tre titoli nella categoria l’australiano Troy Bayliss, altro idolo delle folle, passato da una buona carriera tra i prototipi al mito nelle derivate.
Percorso opposto l’ha invece fatto uno statunitense, Colin Edwards, che dopo aver vinto per tre volte il mondiale Superbike ha tentato il salto, senza però mai riuscire a vincere neanche una gara, come ricorderanno gli appassionati di scommesse sportive delle due ruote!
Max Biaggi ha coinvolto il pubblico italiano
Se le moto italiane hanno sempre avuto buoni risultati, per trovare un pilota tricolore in grado di imporsi nel mondiale Superbike bisogna aspettare il 2010, quando a imporsi è Max Biaggi.
Il pilota romano, dopo una carriera con quattro titoli mondiali in 250 e innumerevoli stagioni in MotoGP, è salito in sella prima a una Ducati e poi a una Suzuki, ma è grazie alla “sua” Aprilia che ha conquistato due titoli, nel 2010 e nel 2012, diventando il primo non anglofono a laurearsi campione del mondo.
Gli anni Dieci sono poi stati dominati dal britannico Jonathan Rea, che ha conquistato per ben sei volte consecutive il titolo (dal 2014 al 2020) con la Kawasaki. Le ultime stagioni, infine, hanno visto imporsi lo spagnolo Alvaro Bautista, campione 2022 e 2023 con la Ducati.
5 case in competizione nella Superbike 2024
Nella stagione 2024 sono cinque le case costruttrici che schierano le loro moto: BMW, Ducati, Honda, Kawasaki e Yamaha. Come avviene nel Motomondiale, ognuna ha almeno due team, di cui uno ufficiale, con un minimo di tre piloti in corsa: nei weekend delle Superbike sono elettrizzanti anche le relative scommesse live!
Tra i nomi più celebri al via ci sono quelli degli italiani Danilo Petrucci e Andrea Iannone, entrambi protagonisti a lungo in MotoGP, ma anche il vincitore del 2021 Toprak Razgatlıoğlu o il campione della Supersport, l’azzurro Nicolò Bulega.
Tra i cambi di squadra quello che ha fatto certamente più scalpore è quello di Rea, che dopo aver passato una vita in Kawasaki ha deciso di diventare il pilota di punta della Yamaha.
Gli stipendi 2024 dei piloti della Superbike
Ma quanto guadagnano i protagonisti della Superbike? Ecco, da questo punto di vista la differenza con il Motomondiale si sente eccome. Basterebbe pensare che nel campionato 2023, per gli stipendi MotoGP il pilota più pagato era Marc Marquez, con un contratto da 16 milioni di euro a stagione, con Fabio Quartararo e Pecco Bagnaia che si aggiravano sui 6 milioni.
Cifre che in Superbike non si vedono neanche da lontano, se si considera che proprio Rea è ancora quello che guadagna di più e che il suo contratto da poco firmato con la Yamaha si aggira sul milione di euro. Più o meno è quanto il nordirlandese guadagnava in Kawasaki, una cifra che già qualche anno fa era considerata fuori livello per la categoria.
E a confermare questa difficoltà nel garantire ingaggi importanti c’è un retroscena riguardante proprio l’addio del sei volte campione del mondo alla sua ex squadra: il contratto prevedeva una penale da 800mila dollari che la Yamaha avrebbe avuto difficoltà a pagare, considerando anche l’esborso per lo stipendio di Rea, con il pilota che ci ha messo del suo per liberarsi dall’accordo.
Persino Bautista, due volte campione del mondo, ha un ingaggio decisamente “umano”, che si aggira sui 500mila euro a stagione.
Certo, quando il pilota in questione riesce a portare al suo team parecchi sponsor, la questione cambia. È il caso di Biaggi, che negli anni in cui era in Aprilia arrivava a 2 milioni di euro a stagione, ma anche della leggenda giapponese della Superbike, Noriyuki Haga.
Il nipponico è arrivato a guadagnare oltre il milione, tra contratto di base e risultati, negli anni in cui correva in Yamaha. E a proposito di risultati, molto particolare la scelta di Troy Bayliss, che per il suo ritorno nella categoria nel 2006 ha chiesto alla Ducati di essere pagato una cifra vicina al limite di base (200mila euro), ma con ottimi premi vittoria garantiti dalla scuderia di Borgo Panigale.
E considerando che in quegli anni, sempre favorito per le quote delle scommesse motori, ha vinto due mondiali e 30 GP, probabilmente alla fine gli è anche convenuto!
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