Quando Antonio Conte stilò la lista dei convocati per EURO 2016 non fu esente da critiche per alcune scelte tecniche. Critiche che rimbalzarono dall’allenatore ai diretti interessati, ovvero i giocatori finiti nel mirino del grande pubblico, uno su tutti Thiago Motta.
Ad appesantire il grado di intolleranza verso Motta per molti italiani fu la scelta di indossare la maglia numero 10, incoronazione che spesso viene fatta al migliore della rosa o al giocatore più tecnico, quello in grado di realizzare la giocata risolutiva.
Motta fu definito immeritevole della 10 in una Nazionale in cui non solo era l’unico ad aver vinto almeno una Champions League (ne ha vinte addirittura 2), ma anche l’unico ad aver vinto scudetti in 3 dei 5 top campionati europei.
E il bello di Thiago Motta è che il suo patrimonio di trofei è stato sicuramente limitato e frenato da due gravi infortuni arrivati nel primo grande momento di esplosione della sua carriera. Proprio il secondo, la rottura del menisco interno nel 2007, lo ha privato del campo per un’intera stagione con la maglia dell’Atletico Madrid, fattore che determinò il mancato rinnovo del contratto da parte dei madrileni, riducendo Motta allo status di svincolato.
Fu proprio in quel momento che arrivò al Genoa, quello che col senno del poi si rivelò il trampolino di lancio definitivo per la sua carriera.
Tutto ciò, unito alle grandi doti tecniche che in realtà Motta ha sempre avuto, fanno dell’italo-brasiliano uno dei più grandi fraintendimenti del calcio dell’ultimo decennio.
Beh, certo, noi eravamo tra i pochi a non criticare Motta per la scelta del 10, numero che ha una mistica tutta sua, ma non possiamo non ammettere che ci è dispiaciuto parecchio vedere Thiago lasciare per una volta il tanto caro numero 8.
Thiago Motta oltre il meme
Forse più che fraintendere Thiago Motta abbiamo erroneamente caricato il numero 10 di aspettative e di una appariscenza degna dei film d’azione carichi di effetti speciali. Ecco, Motta era tutto il contrario di un giocatore vistoso, ma la sua efficienza in campo se vista con occhio attento diventa effervescenza pura, oltre che elemento vitale per i compagni di squadra e la manovra della propria squadra.
Il fraintendimento nasce proprio qua, dalla natura di un giocatore che per caratteristiche e per formazione ha sempre preferito ridurre i tocchi a 2 massimo 3 per cercare la giocata sbloccante, mentre almeno in Europa e in Sud America il 10 deve toccarla più volte, accarezzarla, girarsi intorno, portarla a passeggio possibilmente trasformando gli avversari in birilli.
Tutto ciò si sposa poco e male con un centrocampista etichettato come lento e più italiano che brasiliano nell’anima.
Senza dimenticarsi che, anche se da quell’europeo sono passati solo 4 anni, la visione della Nazionale con tutto il carico di aspettative annesso, e la percezione del calcio italiano nella visione del tifoso è cambiata parecchio, a causa del periodo di austerità forzata dopo la mancata qualificazione al Mondiale di Russia.
L’essenzialità ha fatto pace con gli standard di spettacolo offerto dal calcio italiano ora (in questo momento nessuno si offenderebbe di un 10 consegnato a Jorginho o Locatelli) e Thiago Motta oggi avrebbe vissuto probabilmente tempi e critica migliori negli ultimi 2 anni rispetto ai precedenti.
Per capire ancora meglio quanto fosse distorto il pensiero avverso nei confronti di Motta nell’estate 2016 basterebbe rivedersi qualche partita di quell’Europeo a mente lucida, o per semplificazione, basterebbe guardare il secondo goal dell’Italia nella partita contro il Belgio che ha stoppato le scommesse live!
Thiago Motta allenatore
Evidentemente il fraintendimento deve essere la cartina di tornasole per spiegare ai più la carriera di Thiago Motta.
È successo anche di recente, quando Thiago Motta ha cominciato a insediare di nuovo i campi di calcio ma nella veste di allenatore, prima con l’under del PSG e poi con la prima squadra del Genoa in Serie A.
Il malinteso in questo caso si è dovuto al modulo, il fantasioso 2-7-2 di Motta ovviamente frainteso dai media, in aggiunta al luogo comune che Motta avrebbe portato in campo la sua attitudine “difensiva”, mentre invece il suo calcio, a partire dalla tesi consegnata a Coverciano (in aula con Pirlo), mette al centro il pallone come “cuore del gioco”.
Ah, a proposito, Thiago Motta ha conseguito il patentino con votazione di 108 su 110, il risultato migliore in una classe con Pirlo appunto, Chivu e Samuel tra gli altri.
Insomma, Thiago Motta è molto più di quello che un tifoso di calcio degli anni 2000 ti racconterà, parola di chi di numeri 8 se ne intende, e lui con questo numero sulle spalle ha vinto uno storico “Triplete”.
*Il testo dell'articolo è di Luigi Di Maso; l'immagine di Victor R. Caivano (AP Photo).