In Italia ha iniziato a farsi strada a partire dalla metà degli anni '80. La figura del team manager nel calcio è stata a lungo considerata, come quella che si occupava di consegnare la distinta, segnalare all'arbitro le sostituzioni con i relativi tagliandini e, prima del fischio d'inizio, di compilare correttamente la distinta ed organizzare i viaggi in pullman. Nel calcio minore la sua funzione è ancora questa, essenzialmente..
In quello professionistico e globalizzato, invece, il lavoro del team manager si è decisamente assortito, professionalizzato, sino a diventare l'entità "garante", la linea di raccordo tra squadra (comprensiva di staff tecnico) e dirigenza: pensiamo solo al caso dell'attenzione nel redigere la lista UEFA per i club che partecipano ai tornei continentali!
Un ruolo in cui la credibilità è essenziale su entrambi i fronti, sia a cospetto del giocatore che del presidente e degli eventuali azionisti.
Dagli albori pionieristici a figura "altamente professionalizzata"
Gavetta da ds, orizzonti da "mister" o ruolo permanente?
Un mestiere nato, in qualche modo, da una "costola" del direttore sportivo, un tempo "uomo di campo", oggi sempre più uomo di scrivania e concentrato "h. 24" sulle trattative di un mercato sempre più incessante e mondializzato. La squadra curata dai diesse è diventata, progressivamente, quella degli osservatori (o scout) e la comunicazione si è essenzialmente ridotta a quella attraverso il cellulare, per capire come chiudere gli affari in uscita.
Per tutte le esigenze della "squadra del presente", quella che si allena e scende in campo ogni weekend, ci pensa, per l'appunto, il team manager. Che, non a caso, come figura professionale, è universalmente riconosciuta come primo gradino da percorrere nella gavetta che dovrà portare proprio alla "promozione" a direttore sportivo.
Dagli albori pionieristici a figura "altamente professionalizzata"
Sono in tanti, però, coloro i quali si innamorano di questo ruolo e non lo abbandoneranno più nel corso del tempo: è il caso, tanto per fare un esempio, di Giorgio Ajazzone alla Sampdoria: è stato nominato team manager ufficialmente all'inizio della stagione 1996-1997, ma in casa blucerchiata è entrato molto prima, nel 1978, quando la figura di TM non era nemmeno una "idea" ed esisteva una "formazione del dietro le quinte" composta da 5 figure tuttofare che si occupavano un po' di tutto, dalla biglietteria all'organizzazione delle trasferte.
Ecco, se c'è un ambito in cui un team manager diventa irrinunciabile (e a diverse latitudini calcistiche), è proprio l'organizzazione dei viaggi della squadra: biglietti aerei, sistemazione in hotel, spostamenti prepartita in pullman. Insomma, stiamo parlando di una vera e propria "agenda" per giocatori e staff tecnico.
Gavetta da ds, orizzonti da "mister" o ruolo permanente?
Si diceva degli sbocchi professionali di chi inizia da team manager: c'è - come detto - chi il ruolo non l'abbandona mai e, in questo senso, il nome più celebre e spendibile è quello di Lele Oriali che negli ultimi anni si è diviso tra Nazionale e Inter come braccio destro fidatissimo di mister Antonio Conte e Roberto Mancini.
A Di Fra è utile l'esperienza come team manager
Chi, invece, si è trasformato in allenatore: è il caso, in questo senso, di Eusebio Di Francesco. Al termine della sua ultima stagione da calciatore al Perugia, nell'estate 2005 viene nominato team manager della Roma allenata da Luciano Spalletti (di cui sarà poi successore sulla panchina giallorossa nel 2017). Un incarico mantenuto un anno, prima di diventare direttore sportivo della Val di Sangro in Serie C2.
Dopodiché, il salto ad allenatore della Virtus Lanciano nell'estate 2008. L'inizio in panchina non è memorabile: arriva subito un esonero e, l'anno successivo, Di Francesco accetta la chiamata del Pescara in qualità di direttore tecnico del settore giovanile.
Ed è qui che scatta la svolta decisiva della carriera: il 12 gennaio 2010 subentra - da allenatore - ad Antonello Cuccureddu per poi ottenere, da outsider per le scommesse calcio, la promozione in Serie B attraverso i playoff.
Restando in casa Roma (e Pescara), ad agosto 2017 l'ex portiere Morgan De Sanctis viene nominato team manager giallorosso. Insomma: nella stragrande maggioranza dei casi, il team manager ha un passato da calciatore e, al tempo stesso, una buona parlantina e spiccate attitudini gestionali.
Fulgido esempio dell'attualità è rappresentato dalla nomina di Emiliano Moretti al Torino, squadra di cui è stato capitano nelle ultime stagioni di Serie A.
Dal 2020, la Figc ha avviato un corso online specifico che - proprio come accade per gli aspiranti allenatori e direttori sportivi - "forma" accademicamente la figura del team manager.
La figura del club manager
Che in questi ultimissimi anni ha assunto contorni ulteriormente ampi, sfociando in quello che viene definito "Club manager", attento cioè anche ad aspetti che esulano dalla prima squadra in sé: fu il caso - nel 2015 - dell'ex bomber Marco Di Vaio al Bologna o dell'ex team/club manager della Fiorentina Roberto Ripa, difensore - in campo - all'epoca della Florentia Viola.
*La prima e l'ultima immagine dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Alessandra Tarantino ed Ivan Sekretarev. Prima pubblicazione 1 luglio 2020.