La nuova frontiera del marketing calcistico ha un nome: “regional partnership”. I più importanti club di calcio europei (a partire da quelli inglesi, per proseguire con i top team spagnoli), in questi ultimi anni, hanno sfruttato al massimo la loro proiezione internazionale. Grazie anche alla notorietà, in mercati cosiddetti “non maturi”, hanno conquistato velocemente quote e fans.
Da lì l’idea di sviluppare le regional partnership.
Si tratta di accordi commerciali su specifici mercati o aree geografiche di riferimento. Può succedere così che un club europeo sia legato in patria (in ambito “domestico”) ad una birra e in Asia, sempre nello stesso settore, ad un brand locale concorrente (perché intende utilizzare il calcio come acceleratore di notorietà). Questa nuova frontiera consentirà alle società di calcio di moltiplicare all’infinito i ricavi commerciali, fino ad oggi, spesso concentrati sui mercati “domestici”.
Juventus, club sempre pioniere
In Italia, la prima a muoversi in questa direzione (a partire dalla stagione 2014/15) è stata la Juventus, che ha chiuso diversi accordi in Cina. Negli anni passati, ad esempio, i campioni d’Italia si sono legati a Carlsberg fino alla stagione 2018 (oggi il brand sponsor di questo comparto è Bud), ma all’estero hanno affiancato la loro immagine prima a Star Lager (brewery company nigeriana) e poi alla cerveza messicana Tecate.
Attualmente i bianconeri sono abbinati in Asia (con particolare attenzione alla Cina) a Costa Crociere China, a Dashing (azienda di profumi) e a China Merchants Bank. L’idea della società di Andrea Agnelli è potenziare quest’area utilizzando l’immagine di Cristiano Ronaldo (nel ruolo di testimonial-bandiera sui mercati esteri).
Ma la Juventus non è l’unica società tricolore ad aver investito su questo nuovo settore geocommerciale. Il Milan, nel 2018, ha annunciato un accordo con partner asiatici, lo stesso hanno fatto, sempre in Asia, Bologna e AS Roma. Seguiti, da poche settimane, dalla Lazio di Claudio Lotito e da Atalanta (in gara ancora per campionato e, da outsider per le scommesse sportive, in Champions League) e Napoli.
Nel complesso, considerando anche la presenza dell’Inter, sono 8 le squadre di Serie A, che hanno scelto di percorrere questa strada. Di fatto, in una logica più ampia queste operazioni dovrebbero portare anche alla “internazionalizzazione” delle società in esame.
Altrimenti si rischia di assistere a interessanti operazioni commerciali (tra i 300 mila e il milione di euro a stagione), ma non a iniziative di lungo respiro. Non è un caso che la Juve ad esempio sia sempre più presente in Cina e abbia aperto a fine 2019 la quinta J-Academy a Shanghai.
La strategia Zhang
Sicuramente da monitorare è la strategia messa in campo dagli “uomini” della famiglia Zhang, proprietaria dell’impero commerciale Suning e, da alcune stagioni, del marchio nerazzurro.
La proprietà cinese ha messo a sistema rapporti pluriennali con diversi brand della “rete” Suning (dagli orologi sportivi ai sistemi di pagamento attraverso carte prepagate fino ai vini, all’energia e agli apparecchi di elettronica). Nel complesso, attualmente, sono 7 con contratti in scadenza tutti nell’estate del 2021: Aux, Ceb credit card, A.O. Smith, Midea, Monalisa Tiles, Tianjin Seagull Watch Group e Kweichow Moutai Group.
Si stima che il numero dei partner asiatici dell’Inter, favorita per il secondo posto nelle quote delle scommesse calcio, possa aumentare nel corso delle prossime stagioni. La presenza commerciale di Suning in Cina è un “hub” unico per una ulteriore espansione e potrebbe fungere, soprattutto, da effetto leva in termini di ricavi.
Più difficile, almeno nel breve, sarà recuperare il “gap” con gli altri top club europei, che si muovono su una media di 15 contratti stagionali, sfruttando la loro proiezione internazionale (costruita nel tempo) e la forza del monopolio linguistico (soprattutto se parliamo di realtà britanniche).
*Il testo dell'articolo è stato curato da Marcel Vulpis, direttore di SportEconomy; l'immagine di apertura è di Antonio Calanni (AP Photo).