Inserito nella lista dei 100 giovani calciatori più promettenti del mondo del 2001 da Don Balon, talmente considerato una stella del futuro da diventare uno dei giocatori più forti in parecchi videogiochi dell’epoca, Matteo Brighi sembrava avere davvero tutto per contribuire alla storia del calcio italiano.
E in qualche maniera il centrocampista riminese l’ha fatta, anche se forse non come tutti si aspettavano. Ma in un mondo come quello del pallone, in cui ci vuole davvero poco a ritrovarsi fuori dal giro che conta, la costanza è una dote tanto quanto il talento innato.
E 405 presenze in 17 stagioni di Serie A, abbastanza per attestarsi al cinquantacinquesimo posto della classifica, a pari merito con Giorgio Ferrini, Diego Fuser e Beppe Savoldi, non sono esattamente roba da nulla. Con i numeri fissi, sarebbe stato uno di quegli "otto" tanti cari al nostro account Twitter!
Una vita, quella di Brighi, che non poteva essere che all’insegna del pallone. Secondogenito di quattro fratelli, che hanno tutti quanti fatto i calciatori, il giovane Matteo si mette in luce prima nella squadra della parrocchia e poi in quella della Polisportiva Stella San Giovanni. La chiamata del Rimini, a 15 anni, è la normale conseguenza della sua scalata.
Quando esordisce in prima squadra, Brighi si trova alle prese con il campionato di Serie C2. E se nella prima stagione viene impiegato da centrocampista centrale con velleità offensive, in quella successiva si trasforma in esterno destro, andando a segno addirittura sei volte. Ed è in quell’annata che lo nota la Juventus.
La Signora anticipa tutti e scommette su di lui, facendolo esordire in Serie A nella stagione 2000/01. A 19 anni, Brighi fa 12 presenze complessive nella Juventus, ma evidentemente ha bisogno di giocare e nella stagione successiva viene ceduto in prestito al Bologna, dove trova spazio da titolare, a volte arretrando un po’ il suo raggio di azione. Guidolin lo schiera da centrocampista centrale ma anche da mediano, anticipando quella che sarà la trasformazione tattica del calciatore romagnolo.
Pedina di scambio importante
Nell’estate 2002 torna alla Juventus: giusto il tempo di vincere la Supercoppa e di esordire in nazionale contro la Slovenia, che viene girato in comproprietà al Parma, nell’ambito dell’operazione Di Vaio. Nell’annata al Tardini esordisce in Coppa UEFA e realizza anche il suo primo gol in Serie A, contro il Torino. A fine stagione la comproprietà si risolve a favore della Juventus, ma nell’estate 2003 arriva l’ennesimo prestito, al Brescia. Dopo un inizio stagione in panchina, Brighi si conquista il posto e incamera altre 29 presenze in A.
Il suo legame con la Juventus termina ufficialmente nel 2004, quando viene ceduto alla Roma nell’operazione con cui Emerson si trasferisce in bianconero. I giallorossi, a loro volta, lo prestano al Chievo, da cui stanno acquistando Perrotta. A Verona Brighi trova finalmente una certa stabilità e una maturità tattica importante.
Da centrocampista offensivo a tuttocampista, capace di recuperare una quantità industriale di palloni e allo stesso tempo di essere letale sotto porta, con una capacità di inserimento tra le linee che ha pochi eguali in Italia. Al Chievo si trova talmente bene che il prestito viene rinnovato per ben due volte.
Come uomo chiave del centrocampo gialloblù accumula 89 presenze in campionato con nove reti e si toglie anche la soddisfazione di esordire in Champions League, quando i Mussi Volanti, a sorpresa per le scommesse Serie A , si ritrovano ai preliminari contro il Levski Sofia. Quell’anno, però, i veronesi retrocedono e Brighi torna a Roma.
Terzo titolare in mezzo a Roma
Le quattro stagioni nella Capitale sono quelle più significative della sua carriera, sia per prestazioni che per risultati. In giallorosso vince una Supercoppa, una Coppa Italia e sfiora lo scudetto sia nel 2008 che nel 2010. Sia per Spalletti che per Ranieri è un’alternativa importante, il primo cambio della coppia De Rossi-Pizarro. Comprensibile, visto che per caratteristiche Brighi può sostituire egregiamente entrambi.
Con la Roma arriva anche il primo gol in Champions League in carriera. Anzi, la prima doppietta, perché sono due le reti che permettono ai giallorossi di battere il Cluj nell’edizione 2008/09. E sempre al periodo nella Capitale, nel 2009, risalgono le altre tre presenze in nazionale, con Lippi che lo schiera in due partite di qualificazione al mondiale 2010.
Nell’estate 2011, all’arrivo della nuova proprietà, la Roma lo manda di nuovo in prestito, stavolta all’Atalanta. L’esperienza in nerazzurro non è molto positiva, anche a causa di un infortunio al perone. Va meglio l’anno dopo al Torino. I granata lo prendono prima a titolo temporaneo e poi, nell’estate 2013, definitivamente, ma a metà di quella stessa stagione lo cedono al Sassuolo.
In Emilia resta un anno e mezzo, contribuendo alla prima rocambolesca salvezza della squadra di Di Francesco e regalando buone prestazioni nell’annata successiva. Brighi sceglie la stessa regione anche nel 2015/16, ma cambiando squadra: a fargli firmare un contratto annuale è il Bologna, che lo riaccoglie dopo 14 anni. A fine stagione rimane svincolato e decide di scendere di categoria, accettando l’offerta del Perugia.
Dopo una stagione e mezza al Curi passa all’Empoli, giusto il tempo di ottenere la promozione da outsider per le scommesse calcio e la possibilità di un ultimo ballo in Serie A. La stagione 2018/19, quella conclusiva della sua carriera, termina con 10 presenze e un gol, il che gli permette di superare quota 400 presenze in A e di appendere gli scarpini al chiodo con un traguardo importante raggiunto.
L’azzurro, come spesso accade per chi passa gran parte della carriera senza quasi mai toccare le big, è l’unica delusione per Brighi. Che per quattro anni è pedina fondamentale dell’Under-21, arrivando in semifinale degli Europei 2002 e addirittura laureandosi campione d’Europa nel 2004 con De Rossi, Amelia, Gilardino, Barzagli e Zaccardo. Brighi però è uno dei calciatori tagliati da Gentile per Atene 2004, per le Olimpiadi si possono convocare solo 18 calciatori invece dei classici 22/23.
E, a differenza di molti compagni di Under, la nazionale maggiore la vedrà poche volte. Un peccato, forse anche una delusione per chi ha iniziato la carriera con le premesse del predestinato. Ma la storia del calcio italiano, in fondo, si può fare in tanti modi…
*Le due immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Carlo Baroncini e Massimo Pinca.