Di calciatori brasiliani che sono arrivati in Italia per esplodere e che poi hanno deluso ce ne sono molti. Per tanti Kakà, Alisson o Julio Cesar ci sono altrettanti Fabio Junior, Athirson o Gilberto, nomi diventati di culto per un passaggio tanto breve quanto incomprensibile in Serie A. E poi c’è un’altra categoria, quella dei brasiliani che nel nostro campionato non si sono ambientati, ma che poi hanno dimostrato che forse avrebbero meritato un’altra chance.
Nel Flamengo campione in carica del Sudamerica ci sono tre ottimi esempi di questa tipologia di calciatore: Diego, rimasto alla Juventus una sola stagione, Gabigol, acquistato dall’Inter e poi rispedito in Sudamerica dove si è imposto a suon di reti, ma soprattutto Gerson.
La storia del brasiliano ex Roma e Fiorentina è davvero particolare, a cominciare dalle modalità del trasferimento in giallorosso, costato 17 milioni da versare nelle casse della Fluminense. I capitolini, si dice, lo strappano al Barcellona e promettono ai blaugrana un premio in denaro nel caso il verdeoro vinca il Pallone d’Oro con la maglia della Roma...
Una clausola contrattuale che, col senno di poi, diventa una vera e propria barzelletta nella Città Eterna. E a proposito di maglia, Gerson si ritrova inconsapevolmente invischiato in un altro problema non da poco. Il DS dell’epoca, Walter Sabatini, pensa di convincere il ragazzo a trasferirsi a Roma, spedendogli la maglia giallorosso numero 10 con il suo nome. Per una tifoseria che ha in Francesco Totti il suo punto di riferimento, è un atto di lesa maestà e il ragazzo arriva già accolto da una certa ostilità, non dopo aver passato un’altra stagione in prestito nel suo vecchio club.
Tanti ruoli, poche conferme
Anche il suo rendimento, però, contribuisce a creare scetticismo. Il suo calcio bailado è bello a vedersi, ma poco adatto alla Serie A. In un campionato in cui tutti vanno a mille all’ora, prendersi un secondo in più con il pallone tra i piedi è un rischio che pochi allenatori sono disposti a correre. Spalletti lo fa esordire in Champions League nella sfortunata sfida con il Porto, ma poi lo impiega con il contagocce.
Per lui solo quattro presenze in Serie A e qualche spezzone di partita in Europa League con il tecnico di Certaldo, che pure, paradossalmente, potrebbe schierarlo nel ruolo che gli è più congeniale. Gerson arriva infatti con l’etichetta di centrocampista offensivo, ma dà il meglio di sé nella posizione classica del calcio brasiliano del “segundo volante”, che organizza il gioco da davanti alla difesa con accanto un compagno votato al contenimento.
Quando sulla panchina della Roma arriva Eusebio Di Francesco, Gerson trova la fiducia del tecnico ma perde il ruolo. Da mezzala nel 4-3-3 dell’abruzzese il brasiliano è un po’ un pesce fuor d’acqua, non avendo di certo il passo del centrocampista che deve accompagnare l’attacco ma anche portare acqua in difesa. E dire che ci sono giornate in cui il classe 1997 dimostra che la classe non gli manca, come la partita contro la Fiorentina del novembre 2017, in cui, schierato nel tridente offensivo, segna due reti in un frizzante primo tempo per le scommesse calcio.
Ma non gli basta per la conferma da titolare, nonostante con Di Francesco trovi parecchio più spazio che con Spalletti. Al termine della stagione 2017/18 viene ceduto in prestito proprio alla Fiorentina, ma anche Pioli lo schiera come mezzala del 4-3-3. E pur giocando praticamente sempre (40 presenze tra campionato e coppe), la Viola decide di non provare neanche a riscattarlo.
Nell’estate 2019 punta su di lui il Flamengo, che versa alla Roma quasi 12 milioni di euro. L’aria di casa fa decisamente bene a Gerson, così come la presenza di Jorge Jesus sulla panchina rossonera. Il portoghese ci mette un po’ a trovargli una collocazione tattica, ma nel momento in cui lo piazza nei due di centrocampo del suo 4-2-3-1, con accanto un mediano puro come Arão, trova la formula magica.
E Gerson, da incompreso in Serie A, realizza una trasformazione sorprendente, diventando uno dei segreti del Mengão che in capo a pochi giorni si aggiudica il Brasileirão e la Copa Libertadores, nella rocambolesca, anche per le scommesse, finalissima contro il River Plate, decisa dall’altro oggetto misterioso (almeno nel campionato italiano) Gabigol. Una volta risolto l’equivoco tattico che lo attanagliava, Gerson ha ritrovato le caratteristiche che avevano convinto Sabatini a puntare su di lui: il sinistro vellutato e la capacità di vedere passaggi che agli altri sfuggono.
Futuro in Europa?
E ora? Cosa gli riserva il futuro? Il Brasile lo ha rigenerato al punto tale che sembra anche controproducente pensare a un ritorno in Europa, ma negli ultimi mesi le prestazioni di Gerson hanno attirato di nuovo gli sguardi di alcune big del Vecchio Continente. Più di qualcuno in Inghilterra gli ha messo gli occhi addosso: il Chelsea di Lampard, anche forse in previsione di un addio di Jorginho, e il Tottenham di Mourinho, alla ricerca di un centrocampista che dia un po’ di fosforo a una mediana certamente fisicamente prestante, ma che senza più l’estro di Eriksen ha perso in fantasia e geometrie.
Le voci che arrivano dal Brasile, però, suggeriscono che l’ex romanista non sia poi così intenzionato a lasciare di nuovo la madrepatria. Se dovesse farlo, una cosa è certa: meglio mettere subito in chiaro quali sono le caratteristiche del calciatore e il modo migliore per farlo rendere a pieno. Altrimenti il rischio di un’altra…incomprensione è alto.
*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Leo Correa e Michael Dwyer.