Si fa presto a dire che una partita di calcio dura novanta minuti, ma solo se e quando si introdurrà il tempo di gioco effettivo si potrà utilizzare questo luogo comune con una certa precisione. Perché in fondo una partita non dura mai 90 minuti precisi.
La durata delle partite nelle giovanili
Il primo recupero della storia del calcio
L'introduzione del tabellone di recupero
Tra interruzioni e recupero, il tempo che si trascorre effettivamente giocando difficilmente supera i 70 minuti, mentre quello del cronometro dell’arbitro non si ferma mai esattamente a 90. Men che mai nelle categorie giovanili, perché solamente per la Under 19, ex juniores, e per la Primavera la durata delle partite diventa uguale a quella dei “grandi”.
La durata delle partite nelle giovanili
Una regola che però è stata modificata all’inizio della stagione 2020, quando è stata introdotta la durata di 45 minuti anche per le partite degli Allievi A, gli under-17. Per il resto, le tabelle di gioco della FIGC parlano chiaro e stabiliscono con precisione la durata dei tempi (e a volte anche il numero) di ogni partita a seconda della categoria. Gli Allievi B under-16 continuano quindi a giocare due tempi da 40 minuti, che diventano 35 per i Giovanissimi under-15.
Scendendo ancora con l’età, aumenta invece il numero dei tempi di gioco, che diventano tre, ma mai superiori ai 20 minuti. Insomma, parlare di 90 minuti nel calcio di base è decisamente sbagliato.
Ma non è che le partite siano sempre durate un’ora e mezza. Agli inizi, quando le regole del calcio erano state codificate ma ognuno aveva il suo set da applicare in casa propria, non era affatto raro vedere le squadre accordarsi sulla durata dei tempi, oltre che sul numero dei calciatori presenti in campo.
Il primo accordo sui novanta minuti arriva nel lontano 1866, quando una squadra della Football Association, che voleva giocare con le Association Rules, che non prevedevano una durata precisa della partita, contro lo Sheffield FC, che invece aveva il proprio set di regole, le Sheffield Rules, che prevedevano due tempi da un’ora. Alla fine si decise di giocare dalle 15 alle 16:30 di pomeriggio, senza però specificare nulla riguardo un eventuale intervallo.
Il primo recupero della storia del calcio
Bisognerà aspettare le FA Rules del 1877 per un accordo generale al riguardo della durata, che però viene fissata nelle regole inglesi solamente vent’anni dopo. Già da prima, però, il fatto che una partita potesse durare esattamente 90 minuti era pura utopia.
Basterebbe pensare che il primo recupero riscontrabile in una cronaca risale al 1891, quando un match tra Stoke e Aston Villa rischiava di terminare con i Potters impossibilitati a calciare un rigore per le perdite di tempo dei Villans. A quel punto l’arbitro decide che i secondi trascorsi senza poter calciare…andavano recuperati, creando un precedente destinato a fare la storia. Storia che continua fino ai giorni nostri.
Una volta, però, la questione era molto meno…trasparente. La concessione del recupero, data a insindacabile giudizio dell’arbitro, ha sempre causato polemiche, se non altro perché i calciatori non sapevano quando il direttore di gara avrebbe dato il fischio finale.
Alcuni fischietti avevano l’abitudine di mostrare ai giocatori e al pubblico quanto avrebbero recuperato, ma c’è un paese in cui le polemiche sono state talmente forti da costringere a inaugurare una novità che poi verrà presto copiata in tutto il mondo: neanche a dirlo, il paese in questione è l’Italia.
L'introduzione del tabellone di recupero
Nel febbraio 1996 il designatore Casarin decide che il tempo di recupero va comunicato a tutti quanti in maniera inequivocabile. E non c’è modo migliore che utilizzare i tabelloni elettronici delle sostituzioni, in modo che chiunque, tanto allo stadio quanto a casa, possa sapere con certezza quanto verrà aggiunto ai canonici 90 minuti. Certo, poi c’è anche…il recupero del recupero, che invece è ancora impossibile segnalare. Ma almeno ora quello di base è abbastanza certo.
Per gli appassionati di scommesse sportive online è di Diego Fuser che, con un clamoroso destro da fuori area, firma il pari della Lazio ad Udine, la prima rete in A, realizzata dopo la segnalazione dei minuti di recupero!
Anche perché, oramai, dopo oltre un secolo e mezzo di approssimazione, il tempo di recupero è quasi codificato. Il “quasi” ovviamente è legato a episodi particolari o a perdite di tempo che non possono essere quantificate e che vanno stabilite dall’arbitro, ma per quanto riguarda le sostituzioni si è giunti al concetto condiviso che ogni slot di cambi vale trenta secondi.
Dunque, un tempo con sei sostituzioni in momenti diversi, avrà immancabilmente almeno tre minuti di recupero. Per non parlare dell’ultima delle modernità, le interruzioni a causa del VAR. Anche quelle vanno inserite nel computo e ormai non è assolutamente una rarità vedere un recupero ampiamente superiore ai cinque minuti, che una volta erano il massimo (tranne rare eccezioni) che capitava di veder giocare.
I recuperi record nel calcio
Basterebbe pensare che il recupero massimo (finora) in Serie A è di 12 minuti, in un Parma-Cagliari del 2019, a causa di troppi interventi della tecnologia sugli episodi in campo. Ma la storia del calcio, anche prima dell’introduzione del VAR, racconta di recuperi quasi interminabili, dovuti a sospensioni per incidenti o per infortuni gravi in campo.
Difficile però forse fare peggio di quanto avvenuto nel settembre 2019 durante il match di Carabao Cup tra Burton Albion e Bournemouth. I riflettori dello stadio del Burton hanno smesso di funzionare non una, bensì tre volte, costringendo ogni volta a interrompere il gioco in attesa che la situazione si normalizzasse.
E quindi, alla fine del secondo tempo, i tifosi si sono trovati davanti a una scena particolarmente inattesa e che forse non vedranno mai più: il quarto uomo che alza il tabellone del recupero segnando ben 28 minuti ancora da giocare.
Per niente male neanche il match tra Nautico e Gremio nel 2005, che vale la promozione alla prima serie del campionato brasiliano. Tra espulsioni, rigori contestatissimi e parati e una serie di discussioni quasi infinite, il recupero è di 23 minuti. E Anderson, che poi giocherà al Manchester United e alla Fiorentina, segna la rete decisiva al minuto 106, con il Gremio, favoritissimo per le quote calcio che deve resistere gli ultimi sette giri di lancette in sette uomini.
Assai più difficile stabilire invece la partita più corta di sempre, perché non è così raro che nel primo tempo non ci sia recupero. E nella ripresa, quando un match è parecchio squilibrato, a volte l’arbitro ha…pietà per la squadra che sta perdendo ed evita direttamente di concedere altri umilianti minuti di gioco. In quei casi, ma solo ed esclusivamente in quelli, si può dire che davvero una partita è durata 90 minuti. Ma dire che sono molto pochi…è quasi essere ottimisti.
*Le prime tre immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.