Italiani, popolo di poeti, santi e navigatori. Soprattutto l’ultima, se di mezzo ci sono la vela e l’America’s Cup.
Da quando nel 1983 è arrivato il primo assalto tricolore al trofeo più importante del mondo della disciplina, nonché il trofeo più antico per cui ancora si compete, sono tanti i nostri connazionali che si sono appassionati e che spesso hanno fatto nottata per vedere le imbarcazioni a bandiera tricolore cercare di tagliare per prime il traguardo.
Cosa che spesso è accaduta, confermando la bontà dell’industria navale italiana, che nel corso dei decenni ha stabilito diversi primati.
Le leggende di Azzurra e del Moro di Venezia
Ma meglio partire dall’inizio, dal 1983, quando a prendere il largo nella Louis Vuitton Cup, le selezioni che determinano lo sfidante ai detentori della America’s Cup, c’è Azzurra, messa in acqua dallo Yacht Club Costa Smeralda e sponsorizzata addirittura da Gianni Agnelli.
A Newport, negli Stati Uniti, Azzurra non riesce a vincere la competizione, ma la febbre della vela colpisce molti italiani, che si appassionano non poco alle regate.
Nel 1987 Azzurra scende di nuovo in acqua, accompagnata da un’altra imbarcazione tricolore, Italia, ma i risultati nella LVC sono pessimi.
Per lanciare il nostro paese nella leggenda c’è bisogno di aspettare il 1992, quando a partecipare alla competizione è Il Moro di Venezia. L’imbarcazione, creata per volontà dell’imprenditore Raul Gardini, è guidata dallo skipper Paul Cayard ed è accompagnata da investimenti importanti e diventa la prima barca non anglosassone ad aggiudicarsi la Louis Vuitton Cup, guadagnandosi così il pass per sfidare i detentori dell’America’s Cup.
Nelle acque di San Diego Il Moro non riesce nell’impresa, perdendo per 4-1 contro gli statunitensi di America³ (la famosa "America cubed"), ma ormai la popolarità della competizione in Italia è enorme.
Dal 2000 si tifa Luna Rossa
Nel 1995 non c’è nessuna imbarcazione italiana al via, ma tutto cambia nel 2000, quando si iscrive alla Louis Vuitton Cup Luna Rossa. L’idea dell’armatore Patrizio Bertelli è quella di riprendere da dove il Moro aveva lasciato e già al primo tentativo la barca tricolore fa capire di che pasta è fatta.
Dopo ottime prestazioni nei round robin e nelle semifinali, Luna Rossa si trova davanti in finale America One, con al timone proprio Paul Cayard. L’equipaggio di Francesco De Angelis però è pronto alla sfida e si impone all’ultima regata con il punteggio di 5-4, guadagnandosi la possibilità di sfidare i neozelandesi di Black Magic.
Ad Auckland però non c’è storia, con i padroni di casa che, da chiari favoriti per le scommesse sportive, difendono il trofeo imponendosi per 5-0. Da quel momento però Luna Rossa diventa una presenza abituale nella LVC.
Nell’edizione 2003 le barche italiane sono due, ma mentre Mascalzone Latino arriva ultima nei c.d. round robin, Luna Rossa si arrende solo in semifinale. Nell’edizione 2007 ci sono addirittura tre competitor tricolori, le due già in gara nel 2003 a cui si aggiunge +39. Anche stavolta l’unica a qualificarsi alla fase successiva è Luna Rossa, che batte BMW Oracle e arriva in finale, dove viene però sconfitta, ancora per 5-0, da Team New Zealand.
La nuova formula della Prada Cup
Dopo la controversa edizione 2010, con nessuna barca italiana al via, Luna Rossa torna in acqua nel 2013, raggiungendo di nuovo la finale della Louis Vuitton Cup ma venendo di nuovo sconfitta dai neozelandesi, che si impongono per 7-1 nella nuova formula al meglio delle 13 regate.
L’imbarcazione tricolore si ritira poi dall’edizione 2017 per protesta per la decisione di cambiare la dimensione delle barche, per tornare in grande stile nel 2021.
Stavolta la competizione ha cambiato nome in Prada Cup, ma Luna Rossa, nelle sagge mani di James Spithill e Francesco Bruni e sponsorizzata da Prada e da Pirelli, replica il risultato del 2000, vincendo per 7-1 la finale contro i britannici di Ineos e qualificandosi così per l’America’s Cup, sfidando per l’ennesima volta Team New Zealand.
Anche stavolta si gareggia ad Auckland, nel Golfo di Hauraki, e Luna Rossa dà filo da torcere ai detentori, portandosi due volte in vantaggio, 2-1 e 3-2, con le relative scommesse live bloccate, prima di perdere 7-3.
Il dream team di Luna Rossa 2024
E ora? Per l’edizione 2024 Luna Rossa, sempre sponsorizzata Prada e Pirelli, è già scesa in acqua con come team principal Max Sirena, già skipper della barca tricolore nel 2013 e parte dell’equipaggio di Oracle nella vittoriosa America’s Cup 2010.
Per costruire l’imbarcazione che a Barcellona dovrà sfidare gli svizzeri di Alinghi, i britannici di Ineos, gli statunitensi di NY American Magic, i francesi di Orient Express Racing Team e ovviamente i detentori, ovvero Team New Zealand, ci sono volute oltre 70mila ore di lavoro da parte di 35 tecnici. La nostra app scommesse seguirà ciascuna match race dell'edizione catalana!
Anche l’equipaggio, oltre alla presenza di una sicurezza come Sirena, è di quelli importanti. Sulla barca saliranno infatti ben tre atleti medagliati ai Giochi Olimpici.
Il nome più celebre è quello di Ruggero Tita, che in coppia con Caterina Banti ha vinto l’oro nel Nacra 17 ai Giochi di Tokyo, ma a bordo ci saranno anche due canottieri che sono saliti sul podio a cinque cerchi, ovvero Romano Battisti (che nel 2012 a Londra ha vinto l’argento nel doppio) e Bruno Rosetti (anche lui a medaglia a Tokyo, come membro del quattro senza che ha conquistato il bronzo).
Budget di 90 milioni per la Formula 1 dei mari
Uno sforzo di progettazione e di gestione del team enorme, che ovviamente ha il suo costo. Il budget stimato per la partecipazione di Luna Rossa all’America’s Cup 2024 è di 90 milioni di euro, una cifra abbastanza in linea con quelli delle edizioni precedenti.
Nel 2000 infatti il budget dell’imbarcazione che si è giocata la coppa contro America³ è stato di 50 milioni di dollari, mentre quello dell’edizione 2003 è salito a 60 milioni.
Per la terza sfida, quella del 2007, si è saliti a 90 milioni di dollari, scesi a 40 milioni per quella del 2013 e poi saliti di nuovo a 65 milioni nel 2021, anno della seconda partecipazione alla finalissima.
Si tratta di budget che più o meno sono comuni per tutti i challenger, mentre i defender solitamente hanno la possibilità di non dover pagare viaggi e alloggi, considerando che la finale si tiene in casa loro. Non sarà così in questa edizione, perchè la scelta di tenere sia la Louis Vuitton Cup che le regate di finale a Barcellona costringerà anche Team New Zealand a superare di parecchio i 60 milioni spesi tre anni fa.
Del resto, per essere competitivi in quella che molti definiscono…la Formula 1 dei mari, ci vogliono parecchi soldi e sponsor importanti!
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