Quando si parla di calciatori brasiliani è facile cadere nel solito vecchio cliché: quello del ragazzo dall'infanzia complicata, che trova nel pallone il modo di sfuggire alla povertà o di realizzare sogni che sembravano impossibili.
Il ritorno al Milan e la scoperta dell'America
Esempi del genere non mancano nella storia del calcio verdeoro, a partire da Pelè, che da ragazzino portava a casa qualche soldo lucidando scarpe e, non potendo permettersi un pallone, era costretto a giocare con degli stracci riempiti con la carta.
Eppure non è detto che anche chi invece ha avuto tutto, o quasi, dalla vita non possa essere uno dei maggiori rappresentanti del talento dei brasiliani con il pallone tra i piedi. Per informazioni, si può tranquillamente chiedere a Ricardo Izecson dos Santos Leite, che tutti conoscono decisamente meglio come Kaká.
I primi passi al San Paolo
Nato a Gama, vicino a Brasilia, nel 1982, Kaká è infatti figlio di un ingegnere e di una professoressa di matematica. Non che una buona condizione economica gli abbia impedito di avere i suoi buoni problemi durante l’infanzia. Il piccolo Ricardo viene preso dal San Paolo per le sue squadre giovanili e dimostra subito un'ottima confidenza con il pallone. C'è però da allenare un fisico troppo gracile, che rischia di creargli problemi nell'esprimere tutto quanto il suo talento.
E quando tutto sembra pronto per l'esordio con la prima squadra arriva, un dramma che rischia di condizionare per sempre la sua carriera: nell’ottobre 2000 Kaká sbatte la testa sul fondo di una piscina e per poco non resta paralizzato. Un evento che lo segna profondamente e che rafforza ancora di più la sua fede, già coltivata durante gli anni dell’adolescenza, che sarà uno dei punti di forza del suo carattere, unito a un’intelligenza calcistica fuori dal comune.
Un trequartista moderno, in grado di segnare, fare assist ma anche di soffrire per il bene della squadra.
Tra i grandi del San Paolo ci resta poco, perché gli bastano appena tre anni per fare innamorare tutto quanto il Brasile (e non solo) del suo talento. Vince il campionato Paulista, si aggiudica il premio come miglior calciatore del Brasilerao, a neanche vent'anni esordisce con la nazionale maggiore e viene convocato da Scolari per il mondiale in Corea e Giappone del 2002.
L'arrivo a Milano
Durante la competizione gioca solo una partita, ma gli basta per vincere la Coppa del Mondo e per farsi conoscere anche al di fuori del Sudamerica. Giusto il tempo di giocare l’ultima stagione al San Paolo e di guidare la nazionale brasiliana al secondo posto nella Gold Cup del 2003, che arriva l’offerta da 8,5 milioni di euro del Milan: una cifra che fa sorridere per lo spessore del giocatore!
A segnalarlo ai rossoneri è Leonardo, uno che lo conosce bene e che sa quanto la tecnica e la progressione in campo aperto di quel ragazzino dalla faccia pulita possano dare a una squadra come quella di Ancelotti, che pure ha appena vinto la Champions League. E quindi ad appena 21 anni Kaká si ritrova catapultato in Serie A, un campionato che spesso ha creato problemi a suoi connazionali arrivati con l’etichetta del campione. Nel suo caso, però, non andrà assolutamente così.
Nella prima stagione al Milan, Kaká è infatti fondamentale per la vittoria dello scudetto, contribuendo alla causa rossonera con ben 14 reti. Il ragazzo si fa subito benvolere dalla tifoseria, considerando che il suo primo goal con la maglia del Milan arriva nel derby contro l'Inter…
Neanche lui però riesce impedire che il Diavolo termini, da Campione in carica, clamorosamente anche per le scommesse calcio la sua esperienza nella Champions 2003/04 con la rimonta subita dal Deportivo La Coruña.
La stagione magica del 2007!
La stagione successiva è quella più complicata, perché a fronte delle 51 partite giocate, il brasiliano va a segno solamente nove volte. La squadra di Ancelotti non riesce a difendere il titolo conquistato in Italia e soprattutto si rende protagonista di una finale di Champions League indimenticabile, ma in senso negativo. I rossoneri si fanno riprendere dal Liverpool di Benítez dopo essere stati avanti 3-0 e non basta il rigore segnato da Kaká nella lotteria finale a impedire una delusione storica.
Quella 2005/06, almeno dal punto di vista personale, e invece particolarmente positiva. Le marcature totali sono ben 19, ma anche in questo caso il Milan resta all’asciutto di trofei.
Per rifarsi basta attendere la stagione 2006/07, quella della consacrazione definitiva. Quell'anno il Milan trionfa di nuovo in Champions League nella rivincita di Atene contro il Liverpool. La prestazione in finale di Kaká è decisiva, il numero 22 è anche il capocannoniere della manifestazione e la sua importanza nello scacchiere rossonero viene riconosciuta con il Pallone d’Oro. Sarà per oltre dieci anni l’ultimo a vincerlo prima del duopolio Ronaldo-Messi.
La Supercoppa europea e il mondiale per club sono la ciliegina sulla torta, ma anche gli ultimi trofei conquistati con il Milan.
Non si vende Kaká
La stagione 2007/08 vede Kaká ancora protagonista con 19 reti, così come quella successiva, in cui ne segna 16. In mezzo, nel gennaio 2009, una trattativa di mercato destinata a fare la storia e già raccontata nel nostro blog.
Il Manchester City degli sceicchi, alla ricerca del suo primo grande campione, mette gli occhi sul brasiliano. A Milanello arriva un'offerta irrinunciabile, da oltre 100 milioni di euro. Ma proprio quando sembra tutto fatto, arriva l'annuncio del presidente Berlusconi: Kaká non si muove.
In realtà si muoverà eccome, appena sei mesi dopo, trasferendosi al Real Madrid per 67 milioni di euro.
L'esperienza al Santiago Bernabeu però è destinata a rimanere una grande delusione. Nella prime due stagioni alcuni infortuni (la pubalgia e dei problemi al ginocchio) impediscono al brasiliano di rendersi protagonista, mentre in quelle successive, nonostante sotto la guida di José Mourinho i Blancos vincano una Liga, una coppa di Spagna e una Supercoppa, il numero otto non riesce a trovare troppo spazio nelle idee del tecnico portoghese.
Il ritorno al Milan e la scoperta dell'America
Ecco perché nel settembre 2013 Adriano Galliani fa il colpaccio e si accorda, a sorpresa per le scommesse Italia sul calciomercato, con il Real per il ritorno (gratuito) di Ricardo al Milan. Il verdeoro riprende la maglia numero 22 e anche la fascia da vice capitano, ma le cose non vanno esattamente come ci si aspettava, al punto che nel giugno 2014 arriva la rescissione consensuale.
Kaká però ha ancora un'esperienza da provare: la MLS. Pochi giorni dopo l'addio al Milan il brasiliano firma infatti un contratto con l’Orlando City, passando prima sei mesi in prestito al San Paolo e poi giocando tre stagioni nella lega nordamericana, prima di ritirarsi a 35 anni nel dicembre 2017.
In una carriera in cui ha vinto più o meno tutto quello che si poteva portare a casa, l'unico vero rimpianto di Kaká resta forse la nazionale. Il mondiale vinto da comprimario nel 2002 è certamente importante, ma nelle altre due edizioni, quelle in cui l'ex milanista dovrebbe essere davvero protagonista, i verdeoro escono sempre prematuramente.
Kaká e la Seleçao
Kaká resta anche vittima della "maledizione della Copa America”, visto che nel 2004 Parreira non lo porta in Perù e nell’edizione 2007 è lo stesso trequartista a chiedere di non essere convocato al CT Dunga.
E in entrambi i casi, i suoi connazionali sollevano il trofeo. Una piccola macchia su un curriculum che comunque non impedisce a Kakà di essere considerato uno dei calciatori migliori della sua generazione.
*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Alberto Pellaschiar ed Andres Cuenca.