Li chiamano “eroi dei Due Mondi” e non è difficile capire perché. I calciatori che hanno ripercorso metaforicamente… le orme di Garibaldi in carriera e sono riusciti a vincere sia la Champions League che la Copa Libertadores sono davvero pochi e nella lista non c’è neanche un europeo. Ognuno ha la sua storia in questo elenco di girovaghi e vincenti.
C’è chi ha cominciato dal Sudamerica, per poi trionfare in Europa come Tevez e Neymar e chi invece prima si impone nel Vecchio Continente e poi, a fine carriera, torna a casa per assaporare una vittoria casalinga, come Ronaldinho o Rafinha. Per la maggior parte si parla di stelle, di grandi protagonisti del calcio mondiale. E poi…c’è Juan Pablo Sorin.
Se ci fosse una sorta di Premio Garibaldi ad honorem, l’argentino se lo meriterebbe tutto. Se non altro perché è l’unico che sia stato in grado di fare la doppietta addirittura nello stesso anno. Nella stagione 1995/96 è nella rosa della Juventus che si aggiudica la Champions League nella finalissima di Roma contro l’Ajax. Ma neanche un mese dopo Sorin è di nuovo in patria, a difendere i colori del River Plate nel doppio match contro l’America de Cali, deciso da una doppietta di “Valdanito” Crespo nella finale di ritorno, sempre ottima opzione di marcatore per le scommesse calcio
Il tutto ad appena vent’anni. Ce ne sarebbe abbastanza per prevedere una carriera leggendaria, ma paradossalmente queste saranno tra le poche soddisfazioni di una storia certamente particolare.
Un anno da ricordare
Che comincia un anno prima di quel clamoroso 1996. Al Mondiale Under-20 che si disputa in Qatar si mettono in luce diversi giocatori. La Spagna schiera un certo Raul, assieme a Joseba Exteberria, che si aggiudica la scarpa d’oro del torneo con 7 reti, e al “Piccolo Buddha” De la Peña. Il Portogallo risponde con Nuno Gomes, l’Australia con il colosso Viduka e il Brasile con Caio, che arriverà in Italia con Inter e Napoli ma sarà un flop clamoroso.
La competizione però la vince l’Argentina e il capitano dell’Albiceleste è proprio Sorin. A consigliarlo alla Juventus è un vecchio amico, “Cabezon” Sivori. E quando il Pallone d’Oro 1961 fa il nome del terzino, la dirigenza bianconera si attiva e lo porta a Torino, pagando un miliardo e mezzo di lire all’Argentinos Juniors, il club che ha lanciato anche Dio Diego.
I buoni auspici però durano poco, nel vero senso della parola. Sorin fatica parecchio a mettersi in luce nella squadra piena di stelle (nella rosa e… sulla celebre seconda maglia tendente al blue) agli ordini di Marcello Lippi. Per l’argentino solo quattro partite in bianconero, abbastanza per fregiarsi del titolo di campione d’Europa, ma non per decidere di continuare nel Vecchio Continente.
Meglio tornare in patria, al River, dove c’è l’ex Inter Ramon Diaz. Con “El Pelado” in panchina, i Millonarios volano e finalmente Sorin può sentirsi davvero protagonista. Oltre alla Libertadores arrivano anche la Supercoppa Sudamericana, tre tornei di Apertura e uno di Clausura. Gli sfugge solo la Coppa Intercontinentale, che però è un bel dejà-vu: a Tokyo, nel match deciso dal gol di Alex Del Piero, il terzino di spinta incontra proprio quelli che fino a qualche mese prima erano i suoi compagni.
Poi, nel 1999, arriva un’altra scelta di vita: cercare di vincere in Brasile. Non proprio il posto più accogliente del mondo per un argentino, ma Sorin ha la pelle dura e riesce ad imporsi. Con la maglia del Cruzeiro vince una coppa del Brasile e per due anni consecutivi viene inserito nella migliore squadra del Sudamerica.
Nella Lazio del Mancio
È tempo di riprovarci in Europa, ma anche stavolta non andrà benissimo. Sulla strada di Sorin c’è di nuovo l’Italia, con la maglia della Lazio nella stagione 2002/03. Ma il destino ha deciso che le avventure tricolori dell'esterno non debbano mai andare in maniera… normale. La società biancoceleste ha problemi finanziari e non riesce a pagare la prima rata del trasferimento, che si trasforma in prestito.
Anche in campo le cose non vanno meglio, visto che il calciatore non riesce a trovare spazio con Mancini ed il protagonista in negativo in una clamorosa sconfitta casalinga contro il Chievo. Gioca e bene contro la Stella Rossa in un complicato secondo turno per le quote Europa League
Alla fine, dopo sei mesi, Sorin torna in Brasile. Per lui però non sono finiti i trasferimenti. Il Cruzeiro lo presta prima al Barcellona e poi al Paris Saint-Germain, ma nessuno (anche causa infortuni) decide di puntare sull’argentino in maniera definitiva prima del Villareal. Lo compra poi l’Amburgo nel 2006, ma anche in Bundesliga lo si vede in campo di rado. Il ritorno nel 2008 al Cruzeiro è solo l’anteprima del ritiro, arrivato nel 2009.
Titolare nell'Albiceleste
Insomma, una storia strana quella di Sorin, soprattutto se si guarda l’altro lato della medaglia: la nazionale. Escluso il 1998, il terzino è sempre molto considerato da parte dei tecnici dell’Albiceleste, al punto che il suo esordio arriva nel febbraio 1995 a neanche 19 anni. Anzi, dal 1999 al 2006 Sorin è l’esterno titolare dell’Argentina, disputando due mondiali. Nel 2006 Pekerman gli affida addirittura la fascia da capitano, indossata in tutte e quattro le partite disputate in quel torneo.
Il match in cui l’Albiceleste viene eliminata dalla Germania padrona di casa ai calci di rigore è anche l’ultimo in nazionale per il terzino: per lui ben 75 presenze e 11 reti, segnale che in patria (e più in generale in Sudamerica) è sempre stato molto considerato. A differenza di quanto accaduto in Europa, conquistata da comprimario quando era giovanissimo e poi sempre accarezzata ma mai davvero amata.
*L'immagine di apertura è di Javier Barbancho (AP Photo).