Il nome di Gabriele Gravina, presidente della FIGC, è di quelli che sembra appartenere al mondo del calcio da sempre. E a guardare il suo curriculum, presente in bella e meritata vista sul sito federale, effettivamente è proprio così.
Gabriele Gravina e il miracolo del Castel di Sangro
Gravina, il percorso in Federazione
Gravina, Presidente del calcio sostenibile
Gravina e la scelta del Mancio
Gravina, nato a Castellaneta (provincia di Taranto) nel 1953, ha legato indissolubilmente il suo nome a una delle storie di calcio più celebri del passato recente.
Gabriele Gravina e il miracolo del Castel di Sangro
Tra il 1984 e il 1996 è infatti stato presidente e amministratore del Castel di Sangro. Proprio nel periodo della sua gestione, il piccolo club abruzzese ha infilato una serie incredibile di promozioni che lo hanno portato dalle serie inferiori fino alla Serie B. Un vero e proprio miracolo, considerando che con appena 5500 abitanti Castel di Sangro è tuttora la città più piccola che abbia mai preso parte alla serie cadetta.
Una storia pazzesca, che ha attirato l’attenzione di mezzo mondo sul club e che ispirato addirittura un libro da parte del compianto scrittore americano, Joe McGinniss, quotato anche nel The New York Times Best Seller list!
Con il senno del poi, non è stato certo un Miracolo quella straordinaria salvezza nella stagione 1996/1997, ma il risultato figlio di una programmazione elaborata proprio da Gravina, in una categoria che era più un A2 che una B, con Genoa, Torino, Palermo in organico!
Gravina, il percorso in Federazione
Nel frattempo però Gravina ha anche cominciato quella che è la sua “seconda” carriera nel mondo del calcio, quella all’interno degli organi federali. Nel 1990 diventa consigliere e membro dell’Esecutivo della Lega Serie C e nel 1992 viene eletto consigliere federale. La scalata continua nei primi anni del nuovo millennio.
Tra il 2005 Gravina diventa Vice Presidente del Settore Tecnico e per oltre dieci anni (tra il 2002 e il 2015) è il Capo Delegazione della Nazionale Under 21.
Un ruolo che lo porta a guidare gli azzurrini agli Europei di categoria, ma anche la nazionale Olimpica sia ad Atene nel 2004 che a Pechino nel 2008, con Giuseppe Rossi capocannoniere per le scommesse calcio.
Gravina ha anche fatto parte della spedizione azzurra ai mondiali del 2006 ed è stato membro del consiglio di amministrazione e amministratore delegato, fino a diventare Presidente della Lega Pro nel 2015, carica dalla quale si è dimesso in seguito all’elezione al vertice della FIGC.
Gravina, Presidente del calcio sostenibile
Nel frattempo non sono mancate anche cariche in diversi ambiti e soprattutto un’intensa attività didattica universitaria, ovviamente nel campo del management e della giurisprudenza sportiva, due cose di cui Gravina, cresciuto accanto ad un Maestro del calibro di Luciano Russi, è certamente diventato un esperto sia come ex presidente di un club che come rappresentante federale.
Indubbio però che la sua notorietà sia aumentata quando nel 2018, dopo le dimissioni di Tavecchio e il commissario ad interim, quasi un Mr Wolf per le pezze che ha messo un po' ovunque, Fabbricini, viene eletto numero uno della FIGC.
Nonostante fosse l’unico candidato, Gravina ha presentato un programma articolato, intitolato “Una nuova federazione”, sottolineando però due parole, “fede” e “azione”. Il concetto chiave è stato quello della sostenibilità, con un occhio alla modernizzazione e all’inclusione.
Considerando che neanche due anni dopo Gravina si è trovato a dover fronteggiare una crisi mondiale, anche nel calcio e a dover lavorare per evitare che molte società fallissero per i mancati ricavi, l’aver lanciato un calcio sostenibile con un certo anticipo può sicuramente aver aiutato.
Una riforma necessaria
E infatti quando ci sono state le nuove elezioni nel febbraio 2021 il suo mandato è stato rinnovato con il 73% dei voti, nonostante il suo avversario fosse Cosimo Sibilia, suo vice negli anni precedenti e presidente della Lega Nazionale Dilettanti, quindi, almeno in teoria, forte di quella base.
Tra gli obiettivi ancora da raggiungere c’è ancora la riforma dei campionati, già presente nel primo programma Gravina e sottolineata anche nel secondo. Il presidente federale nel 2018 dipingeva Serie A e B da 20 squadre ciascuna e una C semi-professionista da 60 squadre divise in tre gironi.
Oggi, però, per una vera sostenibilità Gravina punta a un ritorno alla Serie A a 18 squadre, anche per evitare problemi quando i nuovi formati delle coppe europee vedranno aumentare in modo rilevante il numero di match continentali.
Gravina e la scelta del Mancio
Quello che ovviamente risalta di più, però, sono i risultati sportivi. Al suo arrivo alla presidenza, Gravina ha parlato di una nazionale competitiva e sia quella maschile che quella femminile hanno risposto “presente”. Gli Azzurri, che arrivavano dalla delusione del mondiale mancato, si sono ricostruiti grazie alla presenza di Roberto Mancini.
Mancio ha preso le redini della nazionale nel maggio 2018, quando il presidente federale era ancora Fabbricini, ma Gravina ha sempre avuto molta fiducia nel commissario tecnico.
A dimostrarlo c’è stato il rinnovo prima degli Europei, che porterà il CT a guadagnare oltre 4 milioni fino al 2026, quasi il doppio rispetto ai 2,5 che percepiva secondo il primo contratto, che si è rinnovato automaticamente con la qualificazione agli Europei.
Europei in cui l’Italia, che non è partita tra le favorite per le scommesse, è stata, per distacco, la squadra e non la selezione migliore, così come in Nations League, in cui è in semifinale, e nelle qualificazioni ai Mondiali 2022, iniziate con tre vittorie in tre partite.
Anche le Azzurre hanno fatto sognare, con i quarti di finale ai Mondiali 2019 e la qualificazione in scioltezza a Euro 2022. Insomma, finora l’era Gravina ha regalato un vero e proprio rinascimento del calcio italiano. E la speranza è che le cose continuino a migliorare sempre di più.
L'immagine di apertura è di Antonio Calanni (AP Photo).