Il finale inatteso della Ligue 1 ha offerto attraverso la classifica una visione abbastanza inusuale. L’Olympique Lyonnais sembrerebbe fuori dalle coppe europee, per la prima volta dal 1997. E, beffa nella beffa, con una finale di Coppa di Lega da giocare, che avrebbe potuto spedire la squadra di Garcia perlomeno in Europa League.
E invece non se ne farà nulla, a meno di un miracolo pazzesco: a ben pensarci, i transalpini possono ancora vincere la Champions League. Assurdo pensarci ora, ma ci sono stati momenti in cui la terza città francese ha potuto davvero sognare l’impresa. Il tutto, grazie a un modello molto particolare, basato sul territorio.
Il vivaio
Anzi, su un serbatoio, quello locale, della regione dell’Alvernia-Rodano-Alpi, il vero e proprio serbatoio dell’OL. Quasi otto milioni di abitanti per cui il calcio è una religione, ma anche, è davvero il caso di dirlo, una capacità innata. E sul talento dei ragazzi nati in città o nelle zone limitrofe, la società del presidente Aulas ha costruito un vero e proprio impero calcistico.
Già, Jean-Michel Aulas, che dell’Olympique Lyonnais è ormai numero uno da quasi trentacinque anni. Pioniere del settore informatico, il classe 1949 ha trasformato il club da squadra di secondo livello a presenza fissa nelle competizioni continentali, con tanto di semifinale raggiunta nell’edizione 2009/10. In mezzo, i clamorosi sette titoli di Francia consecutivi anche per le scommesse, gli unici nei sette decenni di storia dell’OL, conquistati a cavallo tra 2002 e 2008.
Il tutto grazie a un mix perfetto tra calciatori di talento sfuggiti alle big o in rampa di lancio (Juninho Pernambucano, Edmilson, Sonny Anderson, Källström, Essien, Toulalan) e i celebri “enfants du pays”. Grazie a quei ragazzi nati o cresciuti nei dintorni di Lione, è nata una vera e propria dinastia. Nelle rose che hanno conquistato i sette titoli consecutivi ce ne sono moltissimi.
Il portiere Coupet, saracinesca del club per undici anni. Abidal, che da Lione è partito alla conquista del mondo, vincendo tutto con il Barcellona. Ben Arfa, che non è nato da quelle parti, ma che l’OL ha portato nel suo vivaio giovanissimo. Govou, che alla Gerland ha passato praticamente tutta la sua carriera. Remy, destinato poi a finire ai grandi rivali del Marsiglia. E poi forse il più celebre di tutti, quel Karim Benzema che il Real Madrid ha comprato a peso d’oro, non pentendosene neanche per un attimo.
E il centravanti francese dei Blancos non è l’unico ad aver lasciato Lione in cerca di gloria e di uno stipendio più alto. L’OL, del resto, nonostante i trionfi in patria e una gestione economica virtuosa non ha mai avuto seriamente la possibilità di trattenere i suoi giovani rampanti. Ma allo stesso tempo si è fatto forte di un vivaio quasi infinito e della bontà dei calciatori nati e cresciuti nella sua regione.
Ecco perché il club di Aulas non ha mai avuto paura di rivoluzionare la sua rosa, continuando ad attingere a piene mani dal serbatoio locale. E, spesso e volentieri, trovando altri calciatori in grado di fare la differenza e di spiccare poi il volo verso realtà molto più importanti. La bacheca, però, negli ultimi dodici anni piange.
Colpa, se così si può dire, degli sceicchi del Paris Saint-Germain. L’acquisizione da parte del fondo sovrano del Qatar del club della capitale ha modificato di parecchio gli equilibri della Ligue 1, che da una decina d’anni, salvo alcune clamorose eccezioni (il Montpellier di Giroud o il Monaco di Mbappè) è diventato un vero e proprio feudo parigino.
Anche gli allenatori sono di casa
Il Lione non si è lasciato spaventare e ha continuato a fare quello che sa fare meglio: produrre talenti. I risultati non sono stati quelli degli anni precedenti, ma il Lione non ha mai smesso di fare capolino in Europa. Il tutto grazie a dei tecnici decisamente legati a doppio filo al club e alla città. Garde e Fournier sono entrambi nati nella regione ed ex calciatori dell’OL, così come Bruno Genesio, che invece è lionese purosangue.
A seguire le indicazioni di questi “enfants du pays” che si sono presi la panchina dell’Olympique Lyonnais c’è stata la seconda generazione di ragazzi cresciuti nel club o nelle società minori della zona. E anche stavolta i nomi sono di una certa rilevanza internazionale… Lasciato andare Benzema, il Lione ha trovato un altro attaccante letale in Lacazette, che attualmente è il centravanti dell’Arsenal.
A centrocampo è brillato, anche se per poco, il talento fragile di Grenier, che ha passato qualche mese alla Roma, Stesso percorso per il capitano di quel Lione, Gonalons, che al club ha dato ben 17 anni della sua carriera tra giovanili e prima squadra. E ancora un certo Umtiti, campione del mondo 2018, che giovanissimo è stato acquistato a peso d’oro dal Barcellona. Con lui, a vincere il mondiale in Russia con addosso la maglia dell’OL c’era Fekir, che ora brilla in Liga con la maglia del Betis Siviglia.
Anche in questo caso, molti sono andati via. E altrettanti continueranno a seguire questo percorso, perché il vivaio continua a produrre campioncini in erba. E per un Fekir, un Gonalons e un Lacazette che se ne va, nascono degli Aouar, dei Gouiri e do quel Rayan Cherki, 2003 più forte del mondo, destinati a prendere il testimone dei vecchi “enfants du pays” e a trascinare l’Olympique Lyonnais in Francia e in Europa.
Anche se, per la prima volta dopo tanto tempo, il palcoscenico continentale probabilmente non potrà godersi la nuova nidiata nata all’ombra della vecchia e gloriosa Gerland e del nuovo, modernissimo Groupama Stadium. Ma, vista la storia recente, dovrebbe essere solo un intoppo temporaneo. Il modello Lione nel calcio è ormai una sicurezza. Basta chiedere ai club che hanno comprato da Aulas. Quasi tutti molto soddisfatti…
*La foto di apertura dell'articolo è di Laurent Cipriani (AP Photo).