Il conto è aperto: in uno modo - o nell’altro - dovrà essere saldato. Il Borussia Dortmund non evoca buoni ricordi per Ciro Immobile che in Champions è pronto alla resa dei conti. Quella tra il club tedesco e l’attaccante è una love story mai sbocciata, un’infatuazione estiva evaporata dopo i primi rovesci temporaleschi, una promessa non mantenuta.
Eppure le premesse erano state buone, con il tecnico Klopp convinto del valore del centravanti, al punto di sceglierlo come sostituto di Lewandowski. L’affare si fa, Toro e Juve si spartiscono 18 milioni. L’estate del 2014 genera una rivoluzione nella vita dell’attaccante: il matrimonio, il Mondiale e il trasferimento in Bundesliga: accade tutto troppo in fretta.
A Dortmund Immobile trova un muro, ma non è il Die Gelbe Wand, quello della curva del Westfalenstadion. E’ un muro fatto di silenzi, di mancati rapporti umani ed incomprensioni linguistiche.
In Supercoppa di Germania, Immobile è in campo ma non segna, parte la Bundesliga, e anche qui c’è una falsa partenza: qualcosa si inceppa, già nella seconda giornata di campionato l’attaccante finisce in panchina.
L'esordio
Dalle parti della Rurh la vita è differente, l’Italia è lontana, il sole è sempre schermato dalle nuvole, il clima è freddo come le persone che vivono qui. L’unico amico utile potrebbe essere il gol, ma è un amico non sempre puntuale. Per fortuna c’è la Grande Coppa: l’esordio è propizio, Immobile realizza il primo dei due gol con i quali i tedeschi superano l’Arsenal... all'inglese per le scommesse Champions League. Due settimane dopo l’attaccante italiano segna ancora, spianando la strada del successo nella trasferta in Belgio contro l’Anderlecht.
I gol iniziano ad arrivare anche in Bundesliga: segna contro lo Stoccarda, ma è una marcatura che vale soltanto un pareggio agguantato in extremis. Va in rete ancora a Colonia, ma non serve a evitare la sconfitta. La Champions League sembra una fedele alleata: due gol, in due partite. Ma nella terza sfida del girone contro il Galatasaray, va ancora in panchina. La sua fama di goleador non viene smentita in Coppa di Germania: segna contro il St. Pauli, il Borussia si qualifica al turno successivo.
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Immobile ci mette tutto sé stesso, non molla un metro, resta aggrappato a quelle parole che l’interprete gli traduce, e che gli consentono di apprendere il minimo sindacale degli insegnamenti di Klopp. Ma il gol non è qualcosa che si impara a chiacchiere, lui la porta l’ha sempre trovata e la continua a centrare in Champions; contro il Galatasaray toglie la propria squadra dall’impaccio, il bottino personale in Europa si arricchisce ulteriormente nell’ultima sfida del girone - contro l’Anderlecht - che qualifica il Borussia Dortmund agli ottavi di finale.
In campionato non segna con la stessa frequenza, va a bersaglio contro il Wolfsburg: è il 17 dicembre 2014. Sarà il suo ultimo gol in Bundesliga, ma Ciro ancora non lo sa.
Un inverno complicato
La sosta invernale non fa che immalinconire l’attaccante, i rapporti all’interno dello spogliatoio mancano di quel legame che rendono squadra un semplice gruppo di giocatori. Lui ha scelto di vivere a Unna, cittadina di sessantamila anime a est di Dortmund: i tetti spioventi delle case, il fumo che esce dai comignoli trasporta la puzza dello stufato con le cipolle tra un caseggiato e l’altro: è tutto maledettamente ordinario, cadenzato come le gocce di pioggia che scendono dal cielo grigio.
Era arrivato in Germania con grandi aspettative, ma ora che la squadra è in piena zona retrocessione, Klopp gli chiama i giri: Bayer e Augusta per confermarsi; a Leverkusen la squadra pareggia, in casa arriva addirittura una sconfitta. A questo punto il Borussia Dortmund è ultimo in classifica, Immobile finisce in panchina.
L’ultima chance arriva in Champions League, contro la Juventus, a Torino; e qui - dove tutto era partito - tutto finisce. Il sogno tedesco sta diventando un incubo che si concretizza materialmente quando Klopp - dopo essere stato eliminato dalla Champions League con un aggregate 1-5 per le scommesse calcio contro i bianconeri - annuncia le dimissioni per la stagione seguente.
La prima stagione di Immobile è in chiaro-scuro: 4 gol in 6 partite di Champions League non sono male, ma 3 reti distribuite su 24 presenze di campionato sono pochissimi per un bomber di razza. All’esordio con il Borussia, Lewandowski aveva messo a segno nove gol nell’intera stagione, coppe comprese. In ogni modo Immobile fa meglio, perché nell’intera stagione ne segna dieci: quattro in Champions League, tre in Bundesliga, tre in Coppa di Germania.
L’arrivo di Tomas Tuchel sulla panchina del club gli complica ulteriormente la vita: i giocatori devono parlare tedesco, l’allenatore licenzia tutti gli interpreti. E’ notte fonda, non resta che chiudere il capitolo tedesco.
Se ne va in punta di piedi, con una valigia alleggerita di quelle certezze con le quali era arrivato dall’Italia, ma con la convinzione che le sue doti realizzative sono intatte; è stata una stagione negativa per tutta la squadra, gran parte dei compagni - appagati per la vittoria del mondiale - hanno la pancia piena, pochi stimoli e tanti inviti per festeggiare il titolo ottenuto dalla Nazionale di Loew.
Ma le responsabilità finiscono tutte sulle spalle di Ciro, che saluta senza troppi rimpianti: ma ci crede ancora, ci crede sempre, e sa che un giorno potrà dimostrarlo anche a questi deutsche herren - questi signori tedeschi - che hanno messo in dubbio le sue qualità.
La resa dei conti è arrivata - in Champions League - Immobile salirà da leggero sfavorito per le scommesse online i gradini che portano sul prato dell’Olimpico con le sue scarpette d’oro: Lewandowski lo ha già sistemato, adesso tocca agli scettici della Rurh.
Immobile da qualche tempo ha deciso di fermarsi a Roma lasciando da parte la sua valigia: dentro ci sono ancora molti sogni, l’ennesimo titolo di capocannoniere e una Scarpa d’Oro che illuminerà i pomeriggi dello Stadio Olimpico. “A volte il vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato”.
*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Frank Augstein e Riccardo De Luca.