Dipingere la passione, legarsi per sempre a ciò che si ama. Il calcio è fede, è amore incondizionato, è irrazionale palpito, inspiegabile moto che spinge il tifoso a compiere gesti all’apparenza senza senso per chi, invece, quel fuoco dentro non ce l’ha.
I tatuaggi dei calciatori e quelli più richiesti dai tifosi
I tatuaggi per le squadre di provincia
Come tatuarsi e imprimere in eterno sulla propria pelle un riferimento alla propria squadra, al proprio campione preferito. Un’arte, quella del tatuaggio, che in Italia ha preso sempre più piede negli ultimi anni, sconfiggendo antichi pregiudizi e diventando una vera e propria questione di stile. Lo sa bene Francesco Cuomo, art director dell’Eternal City Tattoo insieme a Massimo “Disegnello”, Daniele Caminati e Andrea Salvitti.
Lavorano nel loro studio di Roma e si dividono tra laziali e romanisti (biancocelesti i primi tre e giallorosso il quarto) perché va bene la fede, ma la professionalità è sacra e non si discute: si sono sicuramente affermati tra i migliori tatuatori d’Italia!
Scorrendo le pagine social dedicata all’attività è un continuo imbattersi in piccole-grandi opere d’arte a tema calcistico. Il ritratto di un campione come Signori, Del Piero, De Rossi, Crujiff, Milito o Gattuso; crest di tutte le squadre di Serie A e riproduzioni di scenografie ideate dalle varie curve. Gemme che si stagliano sulla pelle del tifoso e che lì rimarranno per sempre, veri e proprio tocchi d’artista che servono a ribadire l’amore che si prova per un club o per un calciatore che ha segnato la vita di chi decide di rendergli così omaggio.
Con la collaborazione di Marco Valerio Bava intervistiamo per il blog di 888sport Francesco Cuomo.
Ciao Francesco, il calcio è fede ed è un legame viscerale che si instaura con la propria squadra del cuore. Quanti sono i tifosi che vengono da voi a chiedere un tatuaggio a tema calcistico?
“Direi che la statistica è ormai oltre il 100% rispetto a 20 anni fa, quando ho iniziato a tatuare. E anche il lavoro richiesto si è evoluto tantissimo. Anni fa, ai miei inizi, le richieste erano piuttosto basiche: lo stemma della squadra tifata che fosse ufficiale o stilizzato, tatuaggi inerenti ai gruppi ultras e niente di più. La domanda insomma era standard. Oggi, invece, è cambiato tutto e i lavori sono molto più sviluppati ed elaborati. Merito anche dei clienti che hanno molta fantasia.
Magari vedono il tatuaggio sulla mia pagina Instagram e poi vengono da me con delle modifiche che lo rendono ancora più accattivante. Poi cambia il genere rispetto alla tifoseria. Se mi concentro solo sull’ambiente di Roma, dove lavoriamo, i laziali chiedono tatuaggi relativi alla tradizione, alla maglia; mentre i tifosi della Roma nella maggioranza richiedono cose inerenti all’idolo che può essere Totti o De Rossi o alla città come un Colosseo con lo sfondo giallorosso tanto per dirne una”.
Quanti calciatori sono venuti da te per un tatuaggio? Qual è il tatuaggio più particolare o che ti è rimasto più impresso fatto a un giocatore?
“L’aquila sulla schiena di Paolo Di Canio resta sicuramente un bel ricordo e un lavoro al quale sono rimasto legato. Un tatuaggio importante anche a livello di dimensioni. Il mio collega, Daniele, ha fatto tatuaggi a Milinkovic-Savic. Gli altri miei colleghi stanno tatuando Murgia e Cataldi. Io personalmente ho tatuato anche Fabio Firmani e Dejan Stankovic. Andrea Salvitti ha tatuato Amato Ciceretti”.
Chi sono invece i giocatori più richiesti dai tifosi?
“Se parliamo di Roma, allora ti dico che i laziali sono molto legati a Chinaglia, Di Canio, Nesta, Gascoigne e ad argentini del passato come Veron, Simeone, Almeyda. I romanisti invece ovviamente a Totti e De Rossi, ma anche ad Agostino di Bartolomei. Poi ci sono anche tifosi delle altre squadre e la richiesta è per idoli come Del Piero, Pippo Inzaghi, Zanetti, Maradona. Ma anche giocatori del passato come Best o Crujiff”.
Non solo calcio di Serie A. La passione è fatta anche di radicamento sul territorio e amore per realtà meno note. Quanti sono i tatuaggi fatti legati a squadre “piccole” o di provincia?
“Tantissimi ed è un aspetto che mi affascina molto. Io partecipo a molti raduni e convention e ormai il mio lavoro è legato al calcio quasi per il 90%. Ho tatuato recentemente su un ragazzo lo stendardo del Sulmona. Ma ho lavorato anche con tanti ragazzi che seguono l’Avezzano, il Legnano. Le storie che escono dai loro racconti sono bellissime, domeniche passate con un manipolo di amici, in trasferta nei paesi o nelle città vicine, dove il campanilismo è ancora fortissimo.
Passando ore in una stanza solo con loro il discorso inevitabilmente verte sul calcio e sulla loro passione e ti rendi conto quanto attaccamento c’è e quanto il calcio moderno abbia inficiato certe realtà. Quando ero io un ragazzo gli stadi erano pieni anche in Serie C, oggi molte squadre invece rischiano di fallire e dopo questa emergenza tante realtà sono destinate a sparire portandosi via la passione di uomini e donne che sono legati al loro territorio e alla squadra che lo rappresenta”.
Da tatuatore hai dovuto combattere anche con il pregiudizio?
“Quando ho iniziato era molto complicato e chi tatuava non veniva visto come un vero lavoratore. Il mio sembrava un hobby e invece è un lavoro vero. Oggi, per fortuna, le cose sono cambiate. Dipingere sulla pelle è difficilissimo, parliamo di una superficie imperfetta, con il sangue che esce di continuo, senza contare i movimenti che una persona, consciamente o inconsciamente, può fare. Il tatuatore è un vero artista”.
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*L'immagine di apertura è di Rodrigo Abd (AP Photo). Prima pubblicazione dell'articolo, 1 aprile 2020.