Inter contro Milan. Biscione contro Diavolo. Nerazzurri contro Rossoneri. Pinetina contro Milanello. Quando si scontrano le due squadre che giocano a calcio sotto alla Madonnina, è quasi sempre spettacolo. Del resto, la supremazia cittadina è cosa assai importante, soprattutto in un momento storico in cui le milanesi non riescono ancora ad essere assolute protagoniste, guardando agli albi d’oro, come imporrebbe la storia dei due club.
Il mondo intero guarda a San Siro, ma lo fa in particolare Milano. Che nel corso degli anni, anzi, di oltre un secolo, ha regalato parecchi calciatori a entrambe le squadre. Ora come ora, l’unico milanese doc (o quasi) è l’interista Biraghi, nato a Cernusco sul Naviglio e Daniel Maldini, per i rossoneri! Ma spulciando nel passato si trovano nomi di un certo spessore…
A partire da colui che dà il nome allo stadio dove si gioca il Derby Giuseppe Meazza, detto il Balilla ma che per tutti i milanesi resta Peppin. Uno che dalla Madonnina, sotto cui è nato nel 1910, si è preso il mondo. Un ragazzino nato nel quartiere popolare di Porta Vittoria, che sognava di andarsi a comprare i primi scarpini nelle botteghe di Corso Venezia. Complicato pensare che possa esserci in futuro un calciatore che rappresenti meglio la città di Peppin.
Meazza è un mito condiviso, anche se la carriera è comunque più a tinte nerazzurre. Ha giocato e segnato (anche nei derby) con entrambe le maglie ed è stato protagonista anche con quella azzurra, vincendo la Coppa del Mondo del 1934 e quella del 1938. Certo, per il Milan resta uno spauracchio. 12 gol, record della stracittadina per i nerazzurri. E quando segnava lui, come minimo l’Inter il derby lo pareggiava. Come anche nel 1942, anno della sua unica rete all'Inter con la maglia del Milan, un 2-2 realizzato a tempo quasi scaduto.
L’eredità di Meazza, a ben vedere, se la sono divisa (con ottimi risultati) in due. Al Milan, parlando di milanesi, impossibile non pensare a Paolo Maldini. Papà Cesare non era nato sotto la Madonnina, ma quando viene alla luce Paolino è collaboratore tecnico dei rossoneri, di cui è stato capitano. E quindi il futuro terzino (e centrale) rossonero nasce proprio a Milano, dove passerà tutta la sua carriera, diventando un mito del calcio milanista e non solo.
Primatista assoluto di presenze con la maglia del Diavolo (902), esordiente più giovane del club (16 anni e 208 giorni) e tanti altri record, oltre a un palmares sterminato. Basterebbero 7 scudetti e 5 Champions League per raccontare la caratura di Paolo Maldini e la sua importanza per la storia rossonera. Ma anche il numero di derby giocati è da record: 56, tutti con la maglia del Milan.
Dall’altra parte del campo, però, Paolino ha spesso incontrato un omologo importante. A differenza del collega, Beppe Bergomi ha in bacheca un titolo mondiale. Lo conquista nel 1982, da protagonista, ad appena 18 anni. Lo Zio, nato a Settala nel 1963, è un simbolo dell’Inter, seconda favorita per lo Scudetto 2020 dopo la Juve per le scommesse Serie A, ma poteva finire…al Milan. Peccato che i rossoneri lo scartino per problemi fisici, regalando ai cugini uno dei calciatori più celebri della loro storia.
Come Maldini, Bergomi non tradirà mai la squadra della sua città, giocando vent’anni in maglia nerazzurra. Anche lui è il più giovane esordiente del club (16 anni, 1 mese e 8 giorni) ed è stato capitano dell’Inter dal 1992 al 1999, dopo l’addio di Beppe Baresi. Lo Zio, inoltre, ha un record abbastanza particolare per un difensore. Al suo primo derby, nel 1981 in Coppa Italia, trova subito il gol. Segno premonitore di una carriera stellare.
Nel corso dei decenni, poi, altri calciatori nati a Milano sono stati protagonisti della stracittadina meneghina. C’è chi, come Christian Brocchi, può fregiarsi dello stesso onore di Meazza e dire di aver vestito entrambe le maglie, pur non avendo mai segnato nel derby. Chi invece, come Aldo Maldera, è diventato un simbolo rossonero dopo aver passato gran parte delle giovanili assieme al nerazzurro (ma comasco) Lele Oriali. E il terzino ha deciso il derby del novembre 1978 con un gol di testa. Di recente, pochi milanesi purosangue hanno fatto capolino nelle rose di Milan e Inter.
L’ultimo a lasciare è stato Montolivo, che è cresciuto a Caravaggio, Bergamo, ed è diventato calciatore nell’Atalanta, ma che sulla carta di identità ha F205 nel codice fiscale. Peccato per lui che al suo primo derby, nel 2014, gli venga annullata una rete. Punti bonus ad Abbiati, che non è nato esattamente in città, ma resta in provincia essendo venuto alla luce a, ironia della sorte, Abbiategrasso. Nel 1999 il portiere prova a rovinare il Derby a Ronaldo, ma non riesce a parare il rigore del Fenomeno.
Ma non si può ragionare sui protagonisti milanesi del derby della Madonnina senza citare una leggenda del calcio tricolore. Giovanni Trapattoni, da Cusano Milanino. Il Trap da giocatore veste praticamente solo la maglia rossonera (escludendo una stagione al Varese), ma paradossalmente da allenatore diventa una leggenda della Juventus… e dell’Inter! In realtà comincia guidando il Diavolo, ma dopo due stagioni viene scelto dalla Signora, con cui vince tutto quello che si può vincere. Poi però Milano chiama, stavolta dalla sponda nerazzurra.
Con l’Inter il palmares di Trapattoni non è così sterminato, ma il tecnico classe 1939 riesce comunque a farsi ricordare. Vince la Coppa UEFA 1990/91 battendo in finale la Roma, ma soprattutto regala al club uno scudetto atteso quasi un decennio. Nella stagione 1988/89 l’Inter del Trap batte tutti i record dei campionati a 18 squadre, iscrivendosi nei libri di storia del calcio italiano. Considerando che con il Milan, da calciatore, ha sollevato due Coppe dei Campioni, impossibile non pensare che tutta la “sua” Milano, in fondo, gli sia parecchio riconoscente.
Nonostante da allenatore abbia fatto piangere entrambe le tifoserie (Milan-Inter 3-0 nel 1975 e Milan-Inter 0-1 nel 1988 sono i derby più celebri).
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*La foto di apertura dell'articolo è di Antonio Calanni (AP Photo)