Attaccante rapace, piede sinistro delizioso, velocità impressionante, tecnica di base assai più alta della media e tanti, tanti gol. Dovendo ridurre a pochi profili quelli che corrispondono a questo identikit, già di suo abbastanza dettagliato, emergono tre nomi.
Tutti diversi tra loro ma che, a ben vedere, parecchio in comune ce l’hanno. Vincenzo Montella da Pomigliano d’Arco, classe 1974, ormai allenatore. Robert Bernard Fowler, per gli amici Robbie, nato a Liverpool nel 1975, anche lui finito in panchina e alla guida del Brisbane Roar, nel campionato australiano. E infine Daniel Andre Sturridge, nativo di Birmingham e classe 1989, che di recente si è svincolato dal Trabzonspor. Il minimo comune denominatore? I gol con il piede sinistro!
VINCENZO MONTELLA, IL SUPER-SUB!
Meglio andare… per anzianità e cominciare da Montella. Il centravanti campano si trasferisce giovanissimo in Toscana, perché lo ha adocchiato l’Empoli. Proprio con la maglia degli azzurri fa il suo esordio tra i professionisti e rimane al Castellani in prima squadra per cinque anni, inframezzati da due lunghi stop per infortunio. La stagione 1994/95 è quella della svolta: le 17 reti in Serie C1 gli valgono il biglietto per la B, con la maglia del Genoa.
Con il Grifone porta a casa il Trofeo Anglo-Italiano e realizza 28 reti, ma non ottiene la promozione nella massima serie. Poco male, perché l’opportunità gliela offre…la Sampdoria. Accanto a un uomo assist come Mancini, l’Aeroplanino mette in mostra tutte le qualità che lo renderanno uno dei migliori goleador a cavallo del nuovo millennio del calcio italiano. Riflessi felini, classe da vendere, fiuto del gol impagabile. Con 22 gol in 28 partite, la sua è la miglior prestazione d’esordio in A di un attaccante italiano.
Dopo tre stagioni e 61 reti, arriva la chiamata della Roma. Montella pensa di incontrare a Trigoria Zeman, che lo ha fermamente voluto, ma alla fine ci trova Capello. La prima stagione gioca con costanza, ma l’arrivo di Batistuta nel 2000 lo vede spesso relegato in panchina: l’Aeroplano si scopre super-sub e, quando nel girone di ritorno Bati si inceppa, ci pensa lui a togliere le castagne dal fuoco a Capello. La sua rete contro la Juventus per il 2-2 al Delle Alpi è a tutti gli effetti il gol scudetto.
Un anno dopo è protagonista assoluto di un derby della capitale in cui costringe Alessandro Nesta alla sostituzione, mostrando tutto il repertorio in quattro reti: due anticipi di testa, una zampata su ribattuta del portiere e un sinistro fulmineo da fuori. Per lui è il momento di massimo splendore. Resta alla Roma fino al 2009, anno del suo ritiro, ma quasi sempre da comprimario vista l’esplosione di Cassano e poi la trasformazione di Totti in centravanti.
Nel frattempo accumula una breve esperienza in Premier League con il Fulham e un anno di ritorno alla Samp. L’Aeroplanino decolla in carriera 228 volte, comprese 3 con la maglia della nazionale. L’azzurro, però, resterà sempre un cruccio, con sole 20 partite.
IL GOD DELLA KOP!
Un problema che Montella condivide con Robbie Fowler. Anche per l’inglese arrivano poche presenze in nazionale, 26, condite da 7 reti. A giocare contro il centravanti del Liverpool, però, ci sono il suo carattere e…un compagno di squadra. Fowler è il leader spirituale dei Reds prima di Gerrard. È nato in città, è uno della Kop e fraternizza con i portuali in sciopero. E segna, tantissimo, al punto di guadagnarsi il soprannome di God, il dio di Anfield.
Diventa una stella ad appena 18 anni, segnando 12 gol in 13 partite. Segna in ogni modo, anche se il suo regno è l’area di rigore. Per due anni consecutivi porta a casa il premio di giovane dell’anno in Premier League, battendo colleghi del calibro di Beckham e Scholes. Il problema, però, è nei comportamenti. Lui e alcuni compagni del Liverpool vengono soprannominati gli Spice Boys, per alcune controversie extracampo. E a cambiargli la carriera arriva un infortunio ai legamenti nel 1998.
Fowler salta il mondiale 1998, mentre al Liverpool si mette in mostra un altro ragazzino di nome Michael Owen. God, però, fa in tempo a tornare in grande stile l’anno dopo. Quando segna nel derby contro l’Everton, finge di sniffare la linea di fondo per rispondere alle accuse sull’uso di droga da parte della tifoseria dei Toffees. Pessima idea, perché l’indignazione è pressoché totale. E anche se la stagione 2000/01 è ricca di trofei, con tanto di fascia da capitano in assenza di Redknapp, il rapporto con il club si sfalda, anche perché Fowler ha perso il posto, con Owen e Heskey a fare i titolari.
Nel dicembre 2001 arriva la rottura e nonostante la popolarità con i tifosi, c’è l’addio. Prima il Leeds United e poi il Manchester City gli offrono “asilo”, ma anche a causa degli infortuni non sarà mai lo stesso Fowler. Nel gennaio 2006, quindi, c’è il grande ritorno. L’attaccante è una riserva e ormai lo sa e non fa in tempo fregiarsi della Champions vinta a Istanbul, prima di lasciare definitivamente il club. Chiude la carriera addirittura in Thailandia, con il Muangthong United, dopo aver vestito anche le maglie di Cardiff City, Blackburn Rovers, North Queensland e Perth Rover, in Australia. Per lui, in totale, 254 gol in 590 presenze.
STURRIDGE, L'INCOMPIUTO
Stessa maglia e parecchi problemi anche per Daniel Sturridge. Basterebbe pensare che l’attaccante inglese, prima di trasferirsi in Turchia, è stato squalificato per quattro mesi per aver dato a suo fratello indicazioni per una scommessa calcio sulla sua nuova destinazione di mercato. A trentuno anni, quindi, Sturridge si trova ad essere senza una squadra, nonostante nel 2006 fosse considerato il miglior prospetto della sua generazione.
Nato nelle giovanili del Charlton, passato per l’Aston Villa, e per il Coventry City e lanciato dal Manchester City, l’attaccante si mette in luce per una velocità pazzesca e per un sinistro assai raffinato. I Citizens però non sono ancora quelli attuali e non riescono a convincerlo al rinnovo. Nel 2009, dunque, Sturridge si trasferisce al Chelsea, in teoria a parametro zero, anche se il suo prezzo alla fine viene addirittura stabilito da un tribunale.
L’esperienza a Londra, però, è dolceamara. La bacheca si arricchisce della maggior parte dei suoi titoli in carriera finora (una Premier League, due FA Cup, una Community Shield e una Champions League), ma l’inglese non è mai protagonista. Va meglio al Liverpool, a cui viene ceduto nel gennaio 2013, diventando il partner offensivo di Suarez. Nella stagione 2013/14, quella in cui i Reds vanno vicinissimi al titolo, mette a segno 25 reti. L’anno dopo, però, la storia di Fowler si ripete. Due infortuni lo tengono ai margini a lungo, quasi per una stagione e mezzo su due e nel frattempo esplode Sterling.
Quando ad Anfield arriva Klopp, come punta centrale gli preferisce Firmino e come esterni prima Manè e Coutinho e poi il senegalese e Salah. Per Sturridge comincia un lento declino, che lo porterà prima al prestito al West Bromwich e poi a una stagione da comprimario nell’anno della Champions, mentre Origi, che lo ha soppiantato come prima riserva in attacco, è decisivo. Poi l’addio. Una storia già vista. Non solo da lui, ma anche dai due così simili colleghi!
*Le immagini dell'articolo, tutte distribuite da AP Photo, sono, in ordine di pubblicazione, di Themba Hadebe, Paul Barker, Piotr Walczak.