Ora che ci siamo messi alle spalle un Mondiale che ha di gran lunga superato tutte le aspettative iniziali, siamo entrati nel 2019, anno già cruciale per valutare le sorti di molte squadre in vista della prossima Coppa del Mondo, che si terrà nel 2022 in Qatar.
Gennaio è iniziato subito con il botto grazie alla Coppa d’Asia, mentre nei mesi estivi vedremo l’AFCON (Coppa d'Africa), la Gold Cup della CONCACAF e la Copa América svolgersi praticamente simultaneamente.
I diversi formati
Sia la Coppa d’Asia che quella d’Africa si svolgono con lo stesso formato, dividendosi in sei gruppi da quattro squadre ciascuno. I primi due classificati di ogni gruppo avanzano direttamente agli ottavi di finale, assieme alle quattro migliori terze.
La Copa América si basa sullo stesso modello, ma data la partecipazione di solo 12 squadre queste sono divise solamente in tre gruppi, con otto squadre (vincitrici dei gironi, seconde classificate e le due migliori terze) che avanzano direttamente ai quarti di finale.
L’ultima competizione che rimane è anche la più semplice: la Gold Cup della CONCACAF, ovvero un Mondiale in miniatura, è composta da 16 squadre divise in quattro gruppi da quattro e le prime due classificate di ciascuno passano alla fase successiva.
Quanto conta far bene in questi tornei?
Vincere non è essenziale, ma esistono precedenti di squadre che, avendo alzato il trofeo di queste competizioni regionali, hanno creato lo spirito giusto e hanno nettamente migliorato la propria prestazione anche alla successiva Coppa del Mondo.
Per quanto riguarda il Nord America, nel 2002 le dinamiche sono significativamente cambiate dopo la vittoria degli Stati Uniti alla Gold Cup, che li ha spronati poi a battere i nemici di lunga data del Messico al Mondiale di Corea/Giappone dopo anni di dominio de “El Tri”.
Inoltre, dopo aver nuovamente vinto la Gold Cup nel 2009, gli Stati Uniti sono arrivati primi nel proprio girone ai Mondiali del Sudafrica.
Un altro esempio degno di nota è quello della Coppa d’Africa del 1994, vinta dalla Nigeria, rivelatasi poi la mina vagante del Mondiale dello stesso anno.
I vincitori della Coppa d’Asia: che fine hanno fatto?
Il torneo farà da apripista alle competizioni continentali del 2019, fungendo da primo indicatore della forma e delle reali possibilità che molte squadre non-Europee avranno al Mondiale del Qatar. Qual è stato però l’impatto a lungo termine di una vittoria in questo torneo per le squadre più famose che hanno aggiunto una Coppa d’Asia al proprio albo d’oro?
Sud Corea 1956-1960
Partiamo dalla Corea del Sud, il cui nuovo campionato di K-League è pronto a ripartire a marzo. La nazionale fece il suo debutto al Mondiale del 1954, in cui soffrì l’inesperienza ritornando subito a casa dopo aver subito ben 16 goal contro Ungheria e Turchia. La giovane nazionale fece tesoro dell’esperienza e riemerse dalla disfatta per dominare la Coppa d’Asia nella seconda metà degli anni 50. Sfortunatamente, il Sud Corea non riuscì a trarne pieno vantaggio e non ritornò ai Mondiali fino al 1998.
Iran 1968-76
L’Iran fu il successivo dominatore dell’Asia. Tre successi consecutivi alla Coppa d’Asia culminarono finalmente nella qualificazione al primo Mondiale della nazionale iraniana, quello del 1978, arrivata grazie a 10 vittorie e due pareggi.
Il debutto al Mondiale fu sfortunato e, con una differenza reti di -6, rappresenta la peggior prestazione delle cinque opache partecipazioni alla massima competizione calcistica.
Arabia Saudita 1984-88
La vittoria alla Coppa d’Asia 1984 viene vista da molti come l’inizio del percorso che ha portato questa nazionale ad essere una presenza regolare ai Mondiali e, nel 1992, l’aver perso la Coppa d’Asia a scapito del Giappone non impedì comunque alla squadra di qualificarsi per la prima volta alla Coppa del Mondo. L’arrivo agli ottavi di finale, dopo la vittoria nell’ultima partita della fase a gironi contro il Belgio arrivato ai quarti al Mondiale precedente, rimane uno dei momenti salienti della storia recente della nazionale. Le “aquile verdi” non sono però mai più riuscite a migliorarsi.
Giappone 2000-04 e 2011
I giapponesi sono il modello da seguire per capitalizzare al massimo la vittoria di una Coppa d’Asia. Dopo aver inizialmente soffiato il trofeo all’Arabia Saudita nel 1992, dovettero riconsegnarlo quattro anni dopo. Nonostante questo, i “samurai blu” riuscirono a conquistare il primo biglietto d’oro per i Mondiali del 1998 e poco importa che sia stato un flop, quello che conta è che una volta avuto il vantaggio di giocare in casa tra la loro seconda e terza Coppa d’Asia, non si sono più fermati: da allora nessuna nazionale del Sol Levante ha mai salutato un mondiale a quota zero punti, e tutto lascia presagire che il Giappone non ricadrà mai più nel baratro del dimenticatoio.
Coppa d’Asia 2019: tutti contro i campioni in carica
Sebbene il Mondiale di Russia abbia rappresentato la continuazione delle delusioni calcistiche dell’Australia degli ultimi 10 anni, gli uomini di Graham Arnold hanno dimostrato di aver abbastanza stoffa per gestire il proprio girone della Coppa d’Asia contro Siria, Palestina e Giordania, con però un’assenza di rilievo: il prossimo torneo sarà il primo senza Tim Cahill, dopo quasi 15 anni di presenze regolari.
Le prestazioni del leggendario numero 4 sulla tre quarti avversaria è stato più che prezioso per un’intera generazione di giocatori passata per la nazionale e il ritiro di Cahill dagli impegni della nazionale dopo 108 presenze lascia l’Australia sul baratro di una nuova era d'incertezza.
Sorteggio di successo
Quattro delle altre teste di serie oltre alla nazionale ospitante avranno le proprie personali ragioni per essere sotto i riflettori durante il torneo.
L’Iran affronterà di nuovo la propria nemesi
L’Iran è la nazionale meglio piazzata nel ranking FIFA di tutta la competizione e sebbene i giganti del Golfo Persico abbiano fallito nuovamente la qualificazione al Mondiale, sono usciti a testa alta contro Spagna e Portogallo.
Gli iraniani sono testa di serie nel gruppo E, in cui affronteranno Iraq, Vietnam e Yemen. Di queste, solo l’Iraq ha vinto un titolo maggiore, ovvero la Coppa d’Asia del 2007.
La resa dei conti tra samurai
Il Giappone è stata l’unica nazionale asiatica a superare la fase a gironi dell’ultimo Mondiale e sarà senza dubbio una delle scelte favorite nel mercato del vincitore finale per la Coppa d’Asia.
Il record del Giappone di quattro vittorie in questo torneo è imbattuto, il che aumenta ulteriormente le aspettative sulla squadra. Ad ogni modo, la minaccia maggiore per il Giappone è l’Uzbekistan, nazionale che ha raggiunto le semifinali della Coppa d’Asia nel 2011 e ha mancato di un soffio la qualificazione ai Mondiali per soli due punti.
La Coppa di quest’anno rappresenta senza ombra di dubbio la chance migliore per l’Uzbekistan, a un passo da lasciare la propria impronta sul calcio del continente.
La Cina e il Sud Corea combattono per rimanere a galla nel “girone della morte”
Nel gruppo C le due nazionali che sembrano contendersela sono la Corea del Sud o la Cina.
La prima ha clamorosamente sconfitto la Germania allora campione del mondo nella fase a gironi dell’ultimo Mondiale, mentre la Cina era la testa di serie dell’urna numero 2 durante il sorteggio per la Coppa d’Asia. Gli investimenti della nazionale cinese sono ancora agli inizi ma le quote della squadra verranno esaminate con interesse nei prossimi mesi.
La Cina non ha mai vinto la Coppa d’Asia, raggiungendo al massimo la finale nel 2004, ma c’è sempre una prima volta per tutto...
I pronostici per la Coppa d’Asia di 888sport
È un pronostico davvero difficile da fare, ma basandoci su quanto visto al Mondiale 2018, sarà una sfida a due tra l’Iran e l’Australia, che potrebbe risentire dell'assenza del proprio uomo d’oro più di quanto ci si possa aspettare. L’Iran è attualmente a quota 5, tra i favoriti come vincitori assieme alla Corea del Sud.