Essere un bomber significa fare gol. Come, dove e quando? Beh, non importa più di tanto. Quello che conta è che se un calciatore è in grado di segnare nell’arco della sua carriera ben 269 reti, vuol dire che il gol ce l’ha nel sangue. E se le maglie indossate sono undici e con tutte c’è stata un’esultanza, persino con quella indossata appena sette volte, vuol dire che si è nati per fare quel mestiere lì.
Non sorprende dunque che Marco Di Vaio, nato a Roma nel luglio del 1976, sia il numero 28 della speciale classifica dei bomber della storia della Serie A. Per lui 142 reti, che lo pongono accanto a gente come Bobo Vieri e Paolo Pulici. Ma la voglia di gol dell’ex centravanti è talmente tanta che l’ha portato a giocare e a segnare…anche dall’altra parte del mondo.
Che Marco Di Vaio, attaccante tecnico e rapidissimo, fosse nato per regnare nell’area di rigore avversaria lo capiscono presto alla Lazio, il club in cui cresce e di cui non ha mai smesso di essere un grandissimo tifoso. Nella stagione 1993/94 Dino Zoff, uno che qualcosa di attaccanti ne sa, lo va a pescare nella primavera allenata da Mimmo Caso e lo fa esordire sia in Coppa UEFA che in Coppa Italia.
L’anno dopo a Formello arriva Zdenek Zeman, che in Di Vaio vede un fiuto del gol molto ben sviluppato. Il Boemo regala all’attaccante anche l’esordio in campionato e a fine stagione il totale parla di 13 presenze a 4 gol, uno di clamorosa bellezza al Trabzonspor in Coppa Uefa!
La Lazio, però, sta diventando grandissima e non può garantire a Di Vaio lo spazio in campo necessario per crescere. E la società di Cragnotti non può permettersi di tenerlo troppo spesso in panchina, quindi lo cede per due anni in prestito, prima al Verona (7 partite, una rete) e poi al Bari (3 gol in 28 presenze).
Che stagioni a Salerno
Nel 1997 arriva però un’offerta irrinunciabile. La Salernitana del presidente Aliberti, guidata da Delio Rossi, fa le cose in grande e punta alla promozione in Serie A, cinquant’anni dopo l’unica presenza nella massima serie. E per i gol si affida a Di Vaio, pagandolo cinque miliardi di lire, una cifra che all’epoca per la categoria cadetta rappresentava il primato di spesa.
Soldi spesi benissimo, verrebbe da dire, visto che non solo i granata vincono agevolmente il campionato con il record di punti (72), ma oltre alla promozione festeggiano anche l’impresa del centravanti, che si aggiudica il titolo di capocannoniere di Serie B con 21 gol.
La stagione 1998/99 è invece dolceamara. La Salernitana retrocede tra le polemiche all’ultima giornata, ma Di Vaio si fa vedere anche nella massima serie. Per lui 12 gol, che gli valgono la permanenza personale tra i grandi, visto che lo acquista il Parma.
I tre anni al Tardini sono dal punto di vista realizzativo tra i migliori della carriera di Di Vaio. Per lui 56 gol in 125 partite, con tanto di record personale nella stagione 2001/02, conclusa con 22 gol totali. Anche la bacheca si arricchisce, con la Supercoppa Italiana 1999, vinta contro il Milan, e la Coppa Italia 2001/02, arrivata al termine di una tiratissima doppia finale contro la Juventus.
Con la maglia del Parma Di Vaio ottiene anche le prime convocazioni in Nazionale, facendo il suo esordio con la maglia azzurra nel settembre 2001 a Piacenza, nell’amichevole contro il Marocco. Per il primo gol, il centravanti romano dovrà aspettare il 2003, nel 4-0 all’Azerbaijan a Reggio Calabria. Addosso, però, Di Vaio ha già un’altra maglia: quella della Juventus.
La chiamata di Lippi
Marcello Lippi lo vuole in bianconero e nel 2002 viene accontentato, trovandoselo a disposizione qualche settimana dopo che Di Vaio aveva rischiato di soffiargli la Supercoppa Italiana con un gol in finale. Alla Juventus Di Vaio non ha tantissimo spazio, ma riesce comunque a prendersi le sue belle soddisfazioni. Al termine della prima stagione arriva il primo scudetto della sua carriera, a cui contribuisce con 7 reti in 26 partite.
Meno fortunata la prima esperienza in Champions, in cui segna 4 gol, ma assiste dalla panchina, senza avere la possibilità di presentarsi dagli 11 metri, alla sconfitta in finale a Manchester contro il Milan.
L’anno successivo segna ancora di più e vince la Supercoppa Italiana, ma la Juventus decide di cederlo al Valencia. Al Mestalla resta un anno e mezzo, facendo bene nella prima stagione (vincendo anche la Supercoppa Europea con Ranieri in panchina) e rimanendo fuori dai titolari nella mezza successiva. Il 2006 lo passa tutto nel Principato di Monaco, segnando poco, per poi tornare in Italia e trascorrere un anno e mezzo al Genoa, contribuendo al ritorno del Grifone in Serie A e alla salvezza nella stagione successiva.
Nell’estate 2008, a 32 anni, Di Vaio, considerato ormai sul viale del tramonto, viene ceduto in prestito al Bologna. A Genova non sanno ancora che al Dall’Ara il centravanti romano troverà non solo l’acquisto definitivo, ma anche e soprattutto una seconda giovinezza. Nelle quattro stagioni, contro ogni pronostico calcistico in rossoblu arrivano 66 reti, la fascia di capitano e l’amore di tutti i tifosi del club e della città, che lo insignisce addirittura del Nettuno d’Oro.
Marco e Joey
Nella prima stagione Di Vaio batte anche il suo record di realizzazioni stagionali, andando a segno 25 volte, 24 delle quali in Serie A, contribuendo alla salvezza della squadra emiliana. E solo un gol lo separa da Ibrahimovic, capocannoniere di quell’edizione del campionato.
Quando lascia il Bologna nel 2012, Di Vaio decide di provare un’esperienza nuova e abbastanza inusuale: diventa infatti l’attaccante dei Montreal Impact di Joey Saputo. Le tre stagioni in MLS, le ultime della sua carriera, sono ricche di gol, portano in dote due coppe nazionali canadesi, ma soprattutto fanno un regalo insperato a lui e al Bologna. Nel 2014 il presidente del club acquista anche il Bologna, che nel frattempo è retrocesso in B. Di Vaio torna, stavolta da club manager, giusto in tempo per la riconquista della massima serie.
Nel corso degli anni successivi, il suo ruolo diventerà quello di responsabile dell’area scouting della società felsinea e, soprattutto, di uomo di assoluta fiducia della proprietà. La posizione giusta per chi il mondo, nel suo piccolo, l’ha girato. E dovunque è andato ha lasciato il segno…
*Le immagini dell'articolo sono, in ordine di pubblicazione, di Studio FN ed Adriana Sapone, entrambe distribuite da AP Photo.