Può una storia d'amore condizionare un segmento lungo e importante della storia recente del nostro calcio? È successo anche questo, nell'affascinante ma pazzo pazzo pazzo mondo del pallone.
Correvano i giorni precedenti al Natale del 2011. Il cronista di mercato riceve una telefonata da una fonte, di quelle che ti conducono sempre a dama: “Stai attento, il Milan sta chiudendo un'operazione clamorosa: Pato al Psg e Tevez in rossonero. E il Milan ci guadagna anche economicamente”. Bum. Conoscendo l'arte di Galliani nelle trattative – era il re del mercato - e la sua passione folle per Carlitos Tevez detto l'Apache, il cronista non si stupisce neanche un po' e chiama il diretto interessato, l'ammistratore delegato del Milan.
Che non smentisce, insomma prende tempo: abbastanza per fargli capire che è tutto vero. Il cronista ha quindi la certezza che l'operazione è nata, si svilupperà e a gennaio andrà in porto. Salvo colpi di scena. Bisogna capire i dettagli, monitorare il tutto, giorno per giorno, ma insomma è questione di tempo e la cosa si farà. Il quotidiano La Repubblica dedica una pagina al clamoroso affare, proprio nel giorno in cui escono dichiarazioni significative di Pato che - dopo 4 anni in rossonero - ne ufficializzano l'inquietudine. Non si sente più coccolato dal Milan, il Papero dai mille infortuni, e prende in considerazione l'addio.
Altro che mercato di riparazione - Tutto apparecchiato, dunque. All'operazione continuano a lavorare le parti interessate, compreso il mitico mediatore internazionale Ernesto Bronzetti, figura leggendaria - ci ha lasciato 4 anni fa - tra gli operatori di mercato, famoso per aver partecipato e contribuito al trasferimento di tanti Palloni d'Oro. Cresce l'ottimismo e quando si apre il mercato di gennaio, tutti hanno capito che l'operazione principale sarà quella: Tevez al Milan, Pato al Psg. I giornali già si dedicano ai commenti: chi ci guadagna, chi ci perde.
La mattina del 12 gennaio 2012, la missione di Galliani entra nel vivo. Trovato da tempo l'accordo con il Psg del suo amico Leonardo per Pato (35 milioni, bonus compresi, al Milan e triennale da 7 milioni netti a stagione per il brasiliano), il braccio destro di Berlusconi vola a Londra – con l'avvocato Cantamessa - per incontrare, al The Landmark, lussuoso hotel in zona Merylebone, i dirigenti del Manchester City e il manager di Tevez per concludere – dopo un lungo e nient'affatto discreto corteggiamento - l'acquisto dell'attaccante argentino.
L'affare era stato architettato da Galliani in modo che, tra la cessione di Pato e l'arrivo di Tevez (prestito con obbligo di riscatto a 20 milioni), il Milan avrebbe (perfino) guadagnato 15 milioni. Una signora cifra, all'epoca, visto che i prezzi erano molto ma molto più bassi di oggi. Un vero affare, insomma, per la società rossonera, sia dal punto di vista del rafforzamento tecnico che da quello economico.
Fermi tutti - Il colpo di scena si materializza mentre Galliani è al tavolo con il manager di Tevez, il potente mediatore anglo-iraniano Kia Joorabchian, e i dirigenti del City per definire gli ultimi dettagli. All'ad rossonero arriva una telefonata di Silvio Berlusconi che gli annuncia la decisione – non trattabile - di tenersi Pato e rinunciare così a Tevez. A quel punto Galliani, pur devastato per l'occasione buttata al vento (pensate che coppia, Ibrahimovic con Tevez, classe e personalità ai massimi livelli), sarà costretto a fare i salti mortali per evitare di arrivare alla firme e riuscire in qualche modo a far saltare un'operazione praticamente chiusa.
Ma cos'era successo davvero? Il presidente Berlusconi l'aveva messa formalmente – anche nel comunicato ufficiale che blocca tutto, diffuso da Milan Channel alle 17 di quel giorno frenetico e indimenticabile – sul piano anagrafico e tecnico: meglio tenersi il 23enne Pato, che stava uscendo dal tunnel degli infortuni muscolari e magari sarebbe tornato quello dei primi tempi rossoneri, rispetto al 28enne Tevez, una scommessa per il calcio italiano.
In realtà la passione per l'attaccante brasiliano che fa saltare l'operazione non è solo quella del presidente del Milan, ma anche quella di sua figlia Barbara, all'epoca anche amministratore delegato (ramo commerciale) del club rossonero. La sua storia d'amore con Pato era nota, la distanza Milano-Parigi non sembrava tale da condizionarne il futuro, ci si poteva organizzare…Eppure Barbara voleva tenere accanto a sé l'amato e papà Silvio decise di accontentarla.
Il tifoso rossonero (e non solo), comprensibilmente legatissimo ai trionfi dell'era belusconiana, fa risalire a quel giorno – 12 gennaio 2012 – la fine del Grande Milan. Perché in quel momento la squadra di Allegri, che aveva vinto il campionato 2011, aveva 4 punti di vantaggio sui rivali della Juve. Con Carlitos Tevez in tandem d'attacco con Ibra, verosimilmente avrebbe conquistato anche quello scudetto, per il quale era favorito per le scommesse. E di conseguenza, grazie ai relativi incassi, non avrebbe dovuto vendere, nella stessa estate 2012, i due fuoriclasse Ibrahimovic e Thiago Silva (proprio al Psg, tra l'altro), due in grado di fare la differenza anche 8 anni dopo.
Insomma: ciò che poi è riuscito alla Juve, vincere ogni anno dominando campionati, lo avrebbe molto probabilmente fatto quel Milan. Con Tevez, Ibra, Thiago Silva in campo e Max Allegri in panchina. Guarda caso, sempre della serie “sliding doors”, la Juve acquistò lo stesso Tevez nell'estate 2013 e così rafforzò ulteriormente la propria leadership nel calcio italiano. Conclusione: le storie d'amore sono una meraviglia e vanno sempre rispettate, di sicuro quella tra Pato e Barbara Berlusconi – tra l'altro finita un anno e pochi mesi dopo, nella stessa estate 2013, quando l'attaccante si trasferì in Brasile...- ha cambiato la storia del calcio italiano degli ultimi 8 anni.
*La foto di apertura dell'articolo è di Antonio Calanni (AP Photo).