Il mercato del merchandising calcistico è uno dei più affascinanti dello sport-business. Mettendolo a confronto con lo scenario di appena 10 anni fa emergono molto differenze. Il principio guida attuale è “allargare”, per quanto possibile, stagione dopo stagione, il catalogo delle referenze disponibili. Oggi, a farla da padrone, sono soprattutto i partner tecnici, che decidono tipologie di prodotto, distribuzione e reti di vendita.
In media i piccoli-medi club hanno aumentato il loro catalogo del 100%, i top team del 300% (dal “ciuccio” per i neonati, passando per le borracce, fino ai frigoriferi o al sopra tuta). Allargare il numero di “referenze” significa infatti generare maggiori ricavi.
Il problema, soprattutto per le società di calcio di piccole dimensioni, è, ancora oggi, garantire agli sponsor tecnici livelli minimi di vendite in quasi tutte le tipologie. Questo crea un vero e proprio effetto “fisarmonica” e non genera opportunità di crescita per le realtà in esame.
Le squadre di calcio sono divise in 3 fasce: “A” (top club), “B” (medie dimensioni) e “C” (piccole dimensioni).
Crescita esponenziale dei prodotti negli store
Il Barcellona, uno dei team più attivi sul fronte del merchandising, nel rapporto con Nike (attuale sponsor tecnico) può contare su un catalogo di oltre 500 prodotti co-branded (ovvero a marchio FC Barcellona-Nike); un club di seconda fascia circa la metà; uno di terza fascia infine non supera le 100-150 categorie di items.
Se poi si passa ad analizzare i prodotti a licenza, il numero di prodotti di una realtà calcistica (del livello dei blaugrana) supera le 2-3mila referenze (anche in questo caso 10 anni fa si era in una dimensione molto più ridotta: circa il 50% in meno).
Sono aumentati i prodotti, in base ai gusti-esigenze dei tifosi, ma anche ne sono mutati alcuni, in funzione del marketing e delle necessità di gioco o televisive. Un caso per tutti è la maglia gar utilizzata solo a manica corta. L’esplosione dei prodotti in lycra per i sottomaglia ha fatto sì che i giocatori decidessero di utilizzarli e i produttori iniziassero a non produrre più casacche con le maniche lunghe.
Anche perché i sottomaglia hanno sempre più seguito gli aspetti cromatici della divisa di gioco, per cui non entravano in contrasto (a livello di colore) con il prodotto principale (appunto la maglia).
I rapporti tra società e sponsor tecnici
I club più importanti ormai hanno due linee di prodotti: la prima è estremamente tecnica ed è destinata esclusivamente alla squadra, la seconda (simile per caratteristiche tecniche e grafiche alla prima, ma non identica al 100%) è rivolta al grande pubblico.
Sotto il profilo commerciale, gli sponsor tecnici, oltre a pagare per poter produrre e fornire materiale tecnico, riconoscono royalties sulle vendite ai club tra il 7 e il 13% (sulla base dei volumi di vendita e al raggiungimento dei target commerciali). Nel contempo tutti i principali marchi (Nike e Adidas in pole position) forniscono dei royalties report periodici sugli introiti. Non comunicare dati veritieri o non consentire controlli (da parte del club) può portare anche alla risoluzione dei contratti in essere.
Se si analizzano poi le vendite delle maglie, da sempre gli attaccanti o i calciatori più iconici delle singole squadre trascinano le vendite del merchandising. Nell’AS Roma, ad esempio, il “22” di Niccolò Zaniolo e il “9” di Edin Dzeko sono i numeri di maglia più gettonati dai fan giallorossi.
Nonostante i miglioramenti in atto il campionato di calcio italiano è ancora molto lontano dai numeri di altri campionati. Anche perché, al netto della presenza di Cristiano Ronaldo, la stragrande maggioranza dei top player è da cercare in Premier League, Liga e Bundesliga.
ManCity e PSG i brand da seguire nel futuro
Soprattutto Manchester City e Paris Saint-Germain sono i club con i maggiori margini di crescita (se si guarda al futuro), entrambi tra i favoriti per la Champions 2020 per i bookmakers di 888sport. Il PSG è riuscito a coniugare l’immagine di una squadra vincente con quella iconica della città d’oltralpe e ha sviluppato una serie di collezioni con stilisti e star dello sport come Michael Jordan.
Da questo punto di vista nessun club tricolore, nonostante il processo di rebranding della Juventus (compiuto alcuni anni fa scegliendo solo una lettera, la “J”, al posto del tradizionale logo con l’immagine della zebra) è riuscito a diventare così attrattivo negli ultimi anni. Manca poi un sistema centralizzato, sui mercati internazionali, e questo non facilità lo sviluppo del merchandising del football tricolore.
Al di fuori del circuito dei top team (Juventus, Inter e Milan) spicca la crescita del brand AS Roma, che, già nel 1999, poteva contare su un negozio monomarca di proprietà (a via Vittorio Colonna di fronte a Palazzo Chigi, nel cuore della capitale). Il club di Trigoria ha fortemente rivoluzionato la sua rete vendita, negli ultimi anni, e ha potenziato il catalogo prodotti affidandosi ad un colosso dello sportswear del calibro di Nike.
Neonati atalantini già vestiti di nerazzurro
Punta invece sulla fantasia, creatività e legame con la propria fan base, l’Atalanta calcio. Il club bergamasco, da oltre 10 anni, “veste” i neonati venuti al mondo negli ospedali del capoluogo lombardo (più di 120 mila negli ultimi due lustri). Il progetto è stato ribattezzato “Neonati atalantini” e ha permesso all’Atalanta di essere conosciuta e diventare popolare in ogni angolo del mondo, perché i neonati di cui parliamo non appartengono soltanto a famiglie del territorio.
Le “regine” del merchandising
Secondo i dati stimati dall’agenzia Euromericas Sports Marketing, a trionfare sul podio è, ancora una volta, il Manchester United, con più di 3,2 milioni di maglie vendute nel mondo. I Red Devils sono seguiti dal Real Madrid (3,0 milioni) e da Bayern Monaco (2,5 milioni). Il club bavarese è la vera novità del merchandising mondiale, perché, ormai, è considerato un brand di successo sportivo in ogni angolo del pianeta. Barcellona e Liverpool sono infine al quarto e quinto posto con più di 2 milioni di maglie vendute.
La prima delle realtà italiane è la Juventus (sesta in assoluto) con 1,6 milioni di pezzi in tutto il mondo. Nella top ten infine ManCity e PSG, con oltre 1 milione di maglie (nel futuro saranno le avversarie, sul fronte del merchandising, da tenere maggiormente sotto controllo).
*Il testo dell'articolo è stato curato da Marcel Vulpis, direttore di SportEconomy; l'immagine di apertura è di Michel Euler (AP Photo).