I campionati europei di Portogallo hanno raccontato una storia indimenticabile, irripetibile. Quella della Grecia del commissario tecnico tedesco Otto Rehhagel. E, a raccontarla adesso, solo l'unione di intenti tra ellenici e tedeschi sa di ossimoro. Già, ma uno dice "Danimarca nel 1992" e crolla il castello. Sì, vero, ma il trionfo dei ripescati di 12 anni prima fu diverso: in fondo gli scandinavi avevano in rosa gente di qualità acclarata come Peter Schmeichel, Brian Laudrup, Flemming Povlsen....
La Grecia era un insieme di "ragazzacci" dalle capacità tecniche relative, senza particolari idee di gioco (se non quella di distruggere le trame avversarie), un portiere dai capelli grigi (l'eterno Antonis Nikopolidis) e, soprattutto senza elementi di talento. La classica squadra data come quarta al girone di qualificazione. Una potenziale vittima sacrificale il cui cammino si era subito fatto in salita, dovendo affrontare i padroni di casa dell'astro nascente del calcio mondiale Cristiano Ronaldo (ma non solo), Spagna e Russia.
La Lettonia e quegli strani segnali
Ma non c'era solo il "gruppo A": ovviamente il talento strabordava anche nel "B" con Francia, Inghilterra, Croazia (e Svizzera), nel "C", il nostro, passato alla storia per il "biscotto scandinavo" tra Svezia e Danimarca e il D con Repubblica Ceca, Olanda e Germania.
Che non si trattasse di un Europeo come tutti gli altri lo si incominciò a intuire da quell'inspiegabile 0-0 con cui i tedeschi di Rudi Völler si fermarono di fronte alla matricola assoluta Lettonia di bomber Maris Verpakovskis, che in quel pomeriggio nello stadio del Boavista (l'Estadio do Bessa Século XXI) non andò a segno, mandando in tilt l'intero sistema di pronostici e consigli delle scommesse sportive. La Germania non vinse una partita e non si qualificò.
Fuoco di paglia? Macché
Quell'Europeo annoverò un'altra singolare particolarità: la partita inaugurale del torneo fu la stessa che lo chiuse, allo stadio Da Luz, quasi un mese dopo: Portogallo-Grecia. Vinsero gli ellenici anche nel primo caso, d'amblè con Karagounis e il rigore di Basinas, concesso da Pierluigi Collina. A nulla valse l'acuto finale dell'1-2 definitivo firmato Cristiano Ronaldo. Con l'1-1 rimediato contro la Spagna e la sconfitta per 2-1 al cospetto della Russia (gli unici tre punti del girone da parte degli ex sovietici), si pensò che quello ellenico fu il classico fuoco di paglia.
In tutto ciò, gli uomini di Rehhagel si ritrovarono secondi non per una superiorità negli scontri diretti con gli spagnoli e nemmeno per la differenza reti (0 per entrambe le selezioni). Bensì solamente per il numero di gol realizzati: 4 per la Grecia e 2 per la Spagna.
Il metodo ellenico
Ai quarti c'è la Francia campione in carica: ci sono Barthez, Thuram, Zidane, Henry, Trezeguet. Ma c'è sempre l'attaccante del Werder Brema (squadra del cuore, peraltro, del ct Rehhagel per la lunga militanza e i due titoli tedeschi conquistati come mister) Andreas Charisteas, che con la sua classica incornata, su cross di Zagorakis dalla destra, beffa lo scarsicrinito portiere transalpino e manda i greci in semifinale,da assoluti outsider per 888sport.
Dici Grecia e dici 1-0, lo stesso con cui beffò la Repubblica Ceca di Pavel Nedved grazie al silver gol del romanista Traianos Dellas, sempre presente ed eletto peraltro miglior difensore del torneo.
Il metodo era sempre lo stesso: 3-5-2 abbottonato e volto ad addormentare la partita, per poi risvegliarla con il colpo letale. Davanti a Nikopolidis, il terzetto composto da Seitaridis, Dellas e Fyssas (ma c'era anche Dabizas). A centrocampo i vari Kapsis, Basinas, Zagorakis, Karagounis e Katzouranis (ma anche Kafes, il centrocampista col numero 1 all'Olympiacos). Là davanti Charisteas e l'ex Zisis Vryzas, scoperta di Luciano Gaucci nel Perugia del "primo" Serse Cosmi.
Charisteas-gol e quel trionfo irripetibile
Il solito Charisteas, infine, decise al 57' la finale che i portoghesi pensavano di vincere in carrozza. Dicevano, i lusitani Fernando Couto, Rui Costa, Figo: "Abbiamo già commesso una volta l'errore di sottovalutarli e perdere. Non può succedere un'altra volta". E invece successe.
Il popolo greco non ricorda un momento di unità nazionale come durante quel mese folle. L'ultimo - anzi, il penultimo - momento di felicità spensierata, prima delle Olimpiadi che contribuirono al default del Paese. Una storia irripetibile, che lasciò tutti a bocca spalancata.
*L'immagine di apertura dell'articolo è di Luca Bruno (AP Photo).