Estate 1996, la Francia sogna di vincere gli Europei in casa degli inglesi. Non andrà così, con la squadra di Jacquet che perde in semifinale ai calci di rigore contro la Repubblica Ceca. Ma vengono lanciati i semi dei Bleus che solleveranno la Coppa del Mondo casalinga del 1998 e anche l’Europeo successivo. A fine torneo, però, uno dei pilastri di quella squadra lascia la Francia. Si chiama Zinedine Zidane e gioca nel Bordeaux, almeno finché la Juventus, campione d’Europa in carica, non lo porta a Torino per 7,5 miliardi di lire.
Con il senno di poi, un affare pazzesco. All’inizio della stagione, Lippi lo schiera regista. Ma ci metterà davvero poco per capire che ha tra le mani un trequartista che può fare la storia. In realtà, le prime prestazioni del francese a Torino non sono molto incoraggianti. Zidane soffre parecchio l’adattamento al calcio italiano, ma la svolta arriva presto. Il numero 21 segna la sua prima rete italiana a ottobre, nel 2-0 della Juventus contro l’Inter. È solo il preludio a una stagione piena di trionfi.
Arrivano la Supercoppa Europea, l’Intercontinentale, conquistata a Tokyo con gol di Del Piero, e lo scudetto numero 24. Il bis in Champions sfugge, per colpa del Borussia Dortmund. Zidane, nella sua prima Juventus, è importante, ma non decisivo. Ma tutto è destinato a cambiare. Da trequartista è molto più incisivo e nel 1997/98, nonostante le polemiche, i bianconeri portano a casa lo scudetto in un testa a testa contro l’Inter e la Supercoppa Italiana. La Champions scappa ancora, dopo una sconfitta in finale con il Real. Ma per l’estate 1998, Zizou ha grandi progetti.
Il Pallone d'Oro - Torna a Torino da campione del mondo e Pallone d’Oro in pectore, anche visti i due gol segnati (di testa, caso più unico che raro!) nella finalissima contro il Brasile di Ronaldo. Certo, c’è quel fallo di reazione nel match contro l’Arabia Saudita che gli costa due giornate di squalifica, ma il gesto non impedisce alla giuria di France Football di eleggerlo miglior giocatore dell’anno. In Italia va peggio, perché la Juventus arriva settima, con Zidane impossibilitato a dare il suo solito contributo da un fastidioso infortunio.
Va meglio la stagione successiva, almeno finchè a Perugia non comincia a diluviare. Sotto l’acqua del Curi, Calori segna e la Juventus perde uno scudetto che sentiva già suo. Quell’estate, però, Zidane si prende una vendetta. La Francia vince l’Europeo, un double di nuovo possibile nel 2021 per le quote calcio oggi in finale contro l’Italia, dopo che lo aveva praticamente già perso. Sarebbe abbastanza per vincere il secondo Pallone d’Oro, ma il comportamento in Champions League con la maglia della Juventus non glielo permette. Troppe espulsioni (sempre per falli di reazione), che alla fine fanno virare la giuria su Figo.
Il carattere - Del resto, Zidane è così. Marsigliese purosangue con origini algerine, un vero personaggio da film. Taciturno, ma non certo assente. I compagni di squadra mormorano che basti un suo sguardo per incenerire chiunque nello spogliatoio, senza bisogno di dire una parola. E considerando che in quella Juventus ci sono Montero e Davids, per dirne due, qualcosa vorrà pur significare. Il carattere è quello che è, come dimostrerà anni dopo nella finale di Berlino con Materazzi.
A una provocazione, difficilmente non reagisce, formato com’è da anni di calcio di strada. E nelle strade, anzi, nei parcheggi, torna di notte, a Torino, assieme a Davids. I due giocano nelle squadre degli immigrati, usando le macchine come porte, incuranti del fatto che le loro gambe, in fondo, valgono oro.
Il trasferimento record - Quelle di Zidane, in particolare, valgono 150 miliardi. Tanto spende il Real Madrid per portarlo al Bernabeu nel 2001, dopo un’altra delusione in Serie A (il secondo posto dietro la Roma). La Juventus con quei soldi si rifà la squadra, il Real ci ricrea una mentalità vincente. Quella dei Galacticos, o meglio ancora, degli Zidanes y Pavones: talenti puri e giovani della cantera.
Strano a dirsi, ma funziona. Quando a Madrid, dopo parecchi mesi, si stanno chiedendo ancora perché lo abbiano pagato così tanto, quando in squadra ci sono già Figo e Raul, Zizou sfodera uno dei gol più belli della storia della Champions e decide la finale con il Bayer Leverkusen. L’anno successivo, con l’arrivo di Ronaldo, la line-up dei Galacticos è completa. Zidane veste la Camiseta Blanca fino al 2006, arricchendo il suo palmares con un campionato spagnolo, una supercoppa europea e un’altra intercontinentale.
La seconda carriera - Con il Real vince più in panchina che in campo. Zidane ci mette un po’ a capire quale sia la sua strada, ma si fa largo con una certa velocità. Nel 2013 diventa il secondo del suo ex allenatore ai tempi della Juventus, Ancelotti. Assieme a Re Carlo porta la tanto agognata Decima al Bernabeu, poi comincia a farsi le ossa da tecnico con il Castilla. Dura molto poco, un anno e spiccioli, perché quando Benitez non si dimostra in grado di gestire i calciatori dei Blancos, Perez si fida dello sguardo di ghiaccio di Zizou. Fa bene, anzi, benissimo. Da subentrato arriva secondo in Liga, ma soprattutto vince la Champions a Milano, battendo l’Atletico Madrid come fatto da secondo di Ancelotti.
L’anno successivo centra il double vincendo a Cardiff contro la Juventus e portando a casa anche la Liga. E nel 2017/18, nonostante il campionato lo vinca il Barcellona e il Real sia solo terzo, Zidane ottiene un risultato incredibile; diventa il primo allenatore a vincere tre Champions consecutive, battendo il Liverpool a Kiev. In due anni e mezzo, raggiunti Ancelotti e Paisley, i tecnici più vincenti della storia della competizione.
Ma qualcosa si rompe. Zidane non sopporta le provocazioni e il rapporto con Perez si fa sempre più freddo. E quando se ne va Cristiano Ronaldo, anche il francese si fa da parte. Verrà richiamato con urgenza, dopo che Lopetegui e Solari falliscono tutti gli obiettivi. Del resto, se è vero che per guidare i Blancos serve qualcuno che trasudi personalità, il francese di origini algerine è la persona adatta. Per le quote calcio oggi il Real, alla ripresa, si giocherà la Liga sino all'ultima giornata! Basta un’occhiata delle sue per rendere tutto chiaro, persino a campioni conclamati. Come a dire “garçon, tu chi sei? Io sono Zinedine Zidane”. E ovviamente, basta e avanza.
*La foto di apertura dell'articolo è di Mauro Pilone (AP Photo); la seconda di Andres Kudacki (AP Photo).