Di alcuni giocatori si dice spesso che sono dei veri e propri “allenatori in campo”. Solitamente sono quelli con più carisma, esperienza e con la capacità di vedere cose che i compagni, magari troppo impegnati nella loro prestazione da calciatori, non riescono a intuire. Sono chiaramente i membri della rosa preferiti dagli allenatori… quelli veri che in campo sono in grado di interpretare la partita e aiutare gli altri anche senza l’intervento della panchina.
Non è poi certo un caso se molti di quelli a cui durante la carriera viene appiccicata questa etichetta (come Roberto Mancini, o il più recente caso di Andrea Pirlo) poi allenatori lo diventino davvero. E c’è una certa scuola di pensiero che ritiene che i migliori tecnici siano gli ex centrocampisti.
Il perché è presto detto: la posizione in campo aiuta eccome a creare questa convinzione. Chi gioca a centrocampo deve relazionarsi, anzi… preoccuparsi di quello che fanno tutti i reparti: il proprio, per ovvi motivi, ma anche l’attacco da rifornire e la difesa da schermare. Il centrocampista, per definizione, è sempre nel bel mezzo dell’azione e ha una visuale di campo che gli permette di dare indicazioni a tutti gli altri compagni di squadra. E va da sé che chi fa il regista quando gioca possa avere ottime qualità anche da replicare dalla panchina.
Uno degli esempi più importanti da questo punto di vista è certamente Pep Guardiola. Il catalano ha avuto un’ottima carriera da centrocampista ed è sempre stato considerato il vero luogotenente di Cruijff ai tempi del Dream Team del Barcellona. Dunque in fondo non è che molti si siano sorpresi quando i blaugrana gli hanno affidato la panchina, né quando Pep si è dimostrato uno dei tecnici più capaci e vincenti della sua generazione.
Ma è proprio Cruijff, che da calciatore faceva l’attaccante, la prima prova… contro la teoria dei centrocampisti. Vero, il Profeta del Gol se avesse voluto avrebbe potuto giocare ovunque, ma la sua poliedricità dimostra che è il cervello del giocatore, il suo acume tattico a fare l’allenatore, piuttosto che la posizione. E anche i protagonisti del calcio europeo degli ultimi vent’anni confermano (più o meno) che il ruolo non fa necessariamente il tecnico.
Jürgen Klopp, assoluto innovatore del pallone continentale, era un modesto difensore, che per sua ammissione aveva la testa da Bundesliga, ma i piedi da terza divisione. Stesso discorso per Josè Mourinho, che nella sua breve carriera da calciatore, durata appena sei anni, giocava anche lui in difesa.
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Al Bayern Monaco l’ex centrocampista Flick ha preso l’eredità di un Triplete realizzato da Herr Jupp Heynckes, che in gioventù era un centravanti. E se al Real Madrid un regista avanzato come Zidane ha vinto tre Champions League di fila, ha raggiunto nell’elenco dei record un altro centrocampista (Ancelotti), ma anche un ex difensore come Bob Paisley.
Tra gli altri ex difensori di successo impossibile non menzionare anche Ronald Koeman, Blanc, Tuchel e il Loco Marcelo Bielsa, mentre risulta abbastanza impossibile cristallizzare in un ruolo ben preciso Luis Enrique, che in carriera ha indossato tutte le maglie della numerazione canonica tranne la numero 1.
Gli allenatori in A
In Italia la convinzione che gli ex centrocampisti siano i migliori tecnici è abbastanza radicata. Merito delle vittorie di Ancelotti, dell’esplosione di Conte e dei record di Allegri. E questa tendenza si riflette anche sulle panchine delle big. Attualmente, prendendo le prime dieci squadre dello scorso campionato, la fanno da padrone quelli che da calciatori dominavano la mediana.
Alla Juventus c’è Pirlo, l’Inter ha Conte e l’Atalanta Gasperini e si sono affidate a ex centrocampisti anche il Napoli di Gattuso, il Sassuolo di De Zerbi, il Verona di Juric e la Fiorentina di Iachini. A fare da contraltare c’è una manciata di difensori, tra cui il romanista Paulo Fonseca e il milanista Pioli, e un solo ex centravanti, il laziale Simone Inzaghi. Peccato però che alla fine l’anno scorso lo scudetto lo abbia vinto Maurizio Sarri, che non è mai stato un calciatore professionista e che quando giocava tra i dilettanti faceva comunque il difensore.
E rimanendo in casa bianconera, strano ma vero, nessuno dei tecnici che hanno portato la Juventus a vincere trofei europei ha mai messo piede a centrocampo, se non di passaggio: Trapattoni e Lippi erano arcigni marcatori, mentre Zoff giocava addirittura in porta. E non essendo un estremo difensore moderno, la linea di metà campo forse non l’ha mai neanche sfiorata.
E se è vero che la posizione in campo probabilmente non fa il tecnico, quasi certamente non fa il CT, o almeno il selezionatore della squadra che vince i mondiali. Solo quattro ex centrocampisti ci sono riusciti: i due francesi (Deschamps e Jacquet), l’unico spagnolo (Del Bosque) e uno dei due argentini (Bliardo). Per il resto l’albo d’oro della Coppa del Mondo è un fiorire di strane storie. I CT italiani vincenti sono due difensori (Lippi e Bearzot) e uno come Pozzo, che quando giocava all’inizio del XX secolo non stava troppo a sottilizzare sul ruolo.
I brasiliani, come sempre, si danno alla fantasia. Felipao Scolari faceva il difensore, Parreira non ha mai dato un calcio a pallone in vita sua, Zagallo era un’ala sgusciante, Moreira si alternava tra l’attacco e la porta e Feola era un centravanti dalla forma così scarsa che lo chiamavano El Gordo.
I solitamente rigorosi tedeschi preferiscono gli attaccanti (Löw, Schön ed Herberger), con un ex libero come Beckenbauer a completare il poker. A guidare l’Uruguay alle sue due Coppe del Mondo ci sono stati Suppici, difensore, e Lopez Fontana, professore di educazione fisica. L’altro argentino campione è Menotti, attaccante, mentre l’unico inglese è l’ex roccioso terzino destro Alf Ramsey.
E persino il mago del calcio totale, l’olandese Rinus Michels, preferiva puntare la porta avversaria piuttosto che guidare la mediana. Insomma, la storia del calcio smentisce questo luogo comune: i migliori tecnici non sono necessariamente i centrocampisti. Perché, Sarri docet, il cervello da allenatore ce lo può avere… anche un bancario!
*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Rui Vieira e Lalo R. Villar.