Un sistema perfetto, o quasi, che troppo spesso lo sport europeo ha osservato senza però riuscire a prenderne realmente spunto. Il Salary Cap americano è uno degli strumenti più efficaci per garantire “pari diritti” all’interno dello sport.
Si basa però su un principio fondamentale, ovvero quello che non esiste retrocessione. Una società (in America vengono chiamate franchigie), può decidere di fare 2-3 stagioni spendendo meno e puntando su una rifondazione senza correre alcun rischio dal punto di vista tecnico. Per evitare però il fenomeno del “tanking”, ovvero perdere volontariamente per avere una scelta più alta al Draft, la NBA ha introdotto il Salary Floor. Le squadre sono costrette a spendere almeno il 90% del Salary Cap previsto per la stagione.
SALARY CAP NEL 2019/20 - L’ammontare del Salary Cap viene stabilito dalla NBA in base agli introiti provenienti dai diritti televisivi. Per la stagione 2019/20 ammonta a 109 milioni di dollari, una cifra cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi anni. Basti pensare che nel 2004/05, solo quindici anni fa, il Salary Cap si fermava a 43 milioni di dollari. Numeri enormi dovuti soprattutto allo sviluppo della NBA a livello mondiale, che permette così ai giocatori di guadagnare molto di più rispetto al passato.
Come detto in precedenza, il Salary Cap NBA viene definito “soft” perché permette alle varie franchigie di avere diverse esenzioni e, soprattutto, permette anche ai proprietari di sforare questo tetto. C’è un limite entro il quale le franchigie non hanno alcuna limitazione ed è la Luxury Tax Line, fissata quest’anno a 132 milioni di dollari. Chi supera questa Luxury Tax Line deve pagare una penale alla NBA che dipende da quanti milioni di dollari di disavanzo ci sono e dalla recidività di una franchigia. Penale che, poi, la NBA ridistribuirà per tutte le altre 29 squadre della lega.
GLI STIPENDI - Il Salary Cap influisce ovviamente sui contratti dei giocatori, visto che in NBA ci sono dei limiti per le offerte che si possono fare ai giocatori. A cominciare dallo stipendio minimo, che varia anche in base agli anni di esperienza in NBA. Per un giocatore al primo anno un contratto al minimo salariale vale circa 600 mila dollari, mentre per un veterano con oltre dieci anni in NBA è previsto un contratto minimo vicino ai due milioni di dollari.
Poi le franchigie hanno ampio margine di manovra per fare qualsiasi tipo di offerta ai giocatori, fino ad arrivare al “Max Contract”. Qualsiasi squadra può offrirlo, ma ci sono delle eccezioni introdotte dalla NBA per favorire le squadre che vogliono rifirmare i loro gioielli. Ad un giocatore in scadenza di contratto tutte le squadre NBA possono offrire un “Max Contract” della durata di 4 anni, mentre la squadra di appartenenza ha il diritto ad offrire un quinto anno di contratto (il più ricco dell’accordo), convincendo così il giocatore a non cambiare squadra.
UN ESEMPIO... PER IL 2021! - Anche qui sono fissati dei limiti, per i giovani con massimo 6 anni di esperienza in NBA il “Max Contract” equivale al 25% del Salary Cap, si sale al 30% per giocatori tra i 7 e i 9 anni d’esperienza e si arriva al 35% per i veterani con almeno nove anni d’esperienza. Per capire quanto possa fare la differenza l’estensione per il quinto anno di contratto prendiamo un caso che potrebbe sconvolgere le scommesse NBA: l’attuale MVP della Lega, Giannis Antetokounmpo, stella assoluta dei Milwaukee Bucks, sarà il pezzo pregiato della Free Agency nell’estate del 2021! O meglio, potrebbe esserlo, perché i Bucks hanno già pronta la maxi-offerta per convincerlo a rimanere a Milwaukee.
Qualora Giannis decidesse di testare il mercato, potrebbe ottenere un’offerta di 4 anni da circa 190-195 milioni di dollari. Si parla con insistenza dell’interessamento dei New York Knicks, alla disperata ricerca di una stella per rilanciarsi dopo anni di enormi difficoltà. Ben diversa invece quella che può essere l’offerta dei Bucks, o meglio quella che sarà l’offerta di prolungamento già pronta per Milwaukee. Cinque anni di accordo da 247 milioni di dollari, ovvero il contratto più ricco mai firmato nella storia della NBA.
*La foto di apertura dell'articolo è di Kathy Willens (AP Photo).