Quattro città, otto squadre, e un lutto da metabolizzare. A meno di tre mesi dall’esplosione del calcio scommesse, l’Italia si ritrovò a ospitare il primo Europeo. Era l’Estate del 1980, la Nazionale - essendo paese ospitante - si era qualificata di diritto alla fase finale dell’Europeo che per la prima volta vedeva la partecipazione di otto squadre. Gli uomini di Bearzot portavano in dote quel quarto posto conquistato al mondiale argentino che sapeva di buono.
Ma le cose erano cambiate repentinamente, il calcio era caduto in un abisso, aveva scoperto le debolezze dei suoi interpreti; pagarono in pochi, pagarono solo quelli che non avevano alle spalle presidenti in grado di comprare il silenzio dei due grandi accusatori.
L’evento fu accolto dagli sportivi italiani con scarso entusiasmo, la cicatrice del calcio scommesse era ben evidente, la diretta tv tolse al botteghino buona parte degli spettatori.
L'esordio ed il format
Quando si apre il sipario sull’Europeo, in campo ci sono le stesse squadre che quattro anni prima si sono contese il titolo; da una parte la Cecoslovacchia, campione d’Europa in carica, dall’altra la Germania Ovest che si presentava con rinnovate ambizioni.
La Cecoslovacchia conferma nella lista dei convocati diversi protagonisti del successo ottenuto 4 anni prima; ci sono Panenka, Nehoda e Gögh, la squadra è solida, ma non effervescente. Anche la Germania attraversa una fase di rinnovamento generazionale, ma presenta al centro dell’attacco Karl-Heinz Rummenigge, la stella internazionale del momento.
L’intelaiatura della squadra è rappresentata dal portiere Schumacher, dal terzino Briegel, dallo stopper Karl Heinz Förster, dal veterano Bonhof, da Hansi Müller, e dagli attaccanti Allofs e Hrubesch. Nella lista dei convocati ci sono anche Lothar Matthäus e Bernd Schuster: sono giovani, ma cresceranno.
Nello stesso raggruppamento ci sono anche Olanda e Grecia; gli Orange - dopo i fasti degli anni ’70 - vivono un periodo di restaurazione: Ruud Krol, Arie Haan e Johnny Rep - insieme ai gemelli Renè e Willy Van de Kerkhof - sono i reduci del mondiale argentino, perso in finale contro i padroni di casa.
La sfida d’esordio non regala emozioni: l’unico sussulto è rappresentato dal gol di Rummenigge che decide la partita a vantaggio dei tedeschi. La cerimonia d’apertura era stata scarna, la mascotte - un Pinocchio con il cappellino di carta e il naso tricolore - aveva animato il prologo di un evento che scivolerà via senza particolari entusiasmi.
Si gioca a Roma, Milano, Torino e Napoli, per un totale di 26 partite; 12 per ogni girone, più le due finali che assegnano i piazzamenti dal primo al quarto posto.
Il girone dell'Italia
L’Italia - collocata nell’altro girone con Spagna, Inghilterra e Belgio; gli iberici hanno affidato la guida tecnica all’ungherese Kubala: avrebbe a disposizione un buon organico con Arconada, Alexanco, Gordillo, Juanito e Santillana, ma alla resa dei conti, la squadra non gira.
L’Inghilterra è la solita Inghilterra: parte sempre con i favori del pronostico delle scommesse, ma alla fine vincono gli altri. La stella Kevin Keegan brilla di luce propria, Phil Neal, Ray Wilkins e Terry McDermott sono buoni interpreti, Glenn Hoddle è ancora un talento acerbo. La selezione fiamminga è una squadra equilibrata; difesa solida buon centrocampo e attacco pungente: il portiere Jean-Marie Pfaff ha atteggiamenti clauneschi ma sa essere efficace, la difesa è compatta, il centrocampo è raffinato, l’attacco si poggia sulle spalle di Ceulemans.
La Nazionale Italiana all’esordio ottiene un magro pareggio senza gol contro i modesti spagnoli. Per esultare è necessario attendere la seconda sfida del girone contro gli inglesi, risolta da un gol di Tardelli. Al Comunale di Torino ci sono 60 mila spettatori: sarà la partita con il maggior numero di presenze sugli spalti di tutto il torneo.
Gli entusiasmi vengono sopiti nell’ultima partita del girone; nelle prime due sfide, gli Azzurri hanno realizzato soltanto una rete, senza subirne alcuna: l’assenza di Rossi e Giordano per squalifica ha depotenziato la squadra di Bearzot che paga la scarsa efficienza sotto porta. Il Belgio - appaiato in classifica - ha anche la stessa differenza reti degli italiani: tre gol segnati e due subiti.
Ma il maggior numero di reti segnate, marca una differenza enorme dando ai nostri avversari la possibilità di giocare per due risultati su tre. L’Italia - per accedere alla finalissima - ha un’unica possibilità: vincere.
Nel Girone B - intanto - la Germania ha conquistato l’accesso alla finale, vincendo anche la seconda partita contro l’Olanda grazie a una tripletta di Allofs. Nell’ultima partita del raggruppamento, i tedeschi si permettono il lusso di lasciare un punto alla Grecia - fin lì sempre sconfitta - mentre il pareggio tra Cecoslovacchia e Olanda consolida il secondo posto dei cechi.
La gara decisiva
Il 18 giugno - all’Olimpico - l’Italia si gioca contro il Belgio l’accesso alla finale; solo 42 mila spettatori sugli spalti. Gli Azzurri giocano con il cuore, cadono ripetutamente nella trappola del fuorigioco, la mettono sul piano fisico, e soccombono; un paio di parate plateali dell’istrionico portiere Pfaff su Graziani e Causio salvano i belgi aprendo loro la strada per la finale.
L’Italia esce dal torneo da imbattuta, a testa alta. La squadra ha subito soltanto un gol in tre partite: Zoff, Gentile, Cabrini è una filastrocca che promette bene, le premesse - in vista dei Mondiali di Spagna - sono incoraggianti. Gli Azzurri a questo punto scendono in campo a Napoli contro la Cecoslovacchia per trovare un posto sul podio continentale. Un gran destro da venticinque metri di Jurkemink regala il vantaggio ai cechi, pareggia Graziani con un colpo di testa.
Si va ai rigori; Causio, Altobelli, Beppe Baresi, Cabrini, Benetti: non sbaglia nessuno. L’ultimo rigore per i cechi lo calcia Antony Panenka, che nel 1976 ha deciso la finale degli Europei contro la Germania con uno scavetto beffardo ai danni di Seep Maier. Il gesto è stato eclatante e ha fatto il giro del mondo. Zoff lo sa, ma lo sa anche il ceco che cambia soluzione e infila la palla nell’angolo.
A questo punto si va a oltranza, e segnano ancora Graziani, Scirea e Tardelli. Ma anche i cechi sono infallibili. E si arriva al rigore numero 17; sul dischetto va Collovati, il portiere Netolicka si lancia verso la propria destra, intercetta il pallone che gli passa sotto al corpo e pian piano va verso la porta. Il portiere con un balzo riesce a recuperare la palla, ma soltanto dopo che la stessa ha oltrepassato la linea bianca.
Collovati alza timidamente le braccia, non è convinto che la palla sia entrata, ma soprattutto non conosce il complicato regolamento che stabilisce la conclusione dell’azione del rigore successiva alla parata del portiere nel momento in cui la palla rimbalza a terra. Ed effettivamente, tra la parata del portiere, e l’ingresso della palla in porta, la sfera è rimbalzata sul terreno di gioco.
La Cecoslovacchia resta così sul podio, l’Italia - com’era accaduto due anni prima in Argentina - alla delusione della mancata finalissima, aggiunge quella della sconfitta nella finale di consolazione. Il giorno successivo l’Europeo si chiude con la sfida tra Germania Ovest e Belgio per l’assegnazione del titolo, con i tedeschi favoriti per le scommesse calcio.
Il centravanti tedesco Hrubesch ruba la scena, e dopo aver segnato in avvio di partita, decide l’incontro a due minuti dal termine, dopo il momentaneo pareggio su rigore di Vandereycken. La Germania ride, l’Italia piange, ma è solo una questione di tempo: ci si rivede in Spagna, fra un paio di anni.
*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo; la seconda e la terza sono state scattate da Carlo Fumagalli.