Sono molto lontani i tempi in cui si parlava di “terna arbitrale”. L’arbitro e il guardalinee hanno infatti visto aumentare gradualmente i colleghi con cui lavorare. Prima è arrivato il quarto uomo, mentre più di recente si sono aggiunti due fischietti che lavorano…in smart-working, ovvero l’arbitro che utilizza il VAR e il suo assistente, l’AVAR.
Si tratta di un ruolo che è sempre più importante, considerando che l’aiuto tecnologico agli arbitri è diventato parte integrante del calcio moderno, visto che, nonostante le polemiche continuano comunque a divampare, il VAR riesce comunque a dirimere la maggior parte delle situazioni più complicate con una certa percentuale di successo.
Dunque, ci sarà sempre più bisogno di arbitri in grado di padroneggiare il mezzo tecnologico. E la domanda si pone: come si diventa arbitro di VAR?
Come si diventa arbitri di VAR
In primis…bisogna essere arbitri di campo, questa è la condizione necessaria per potersi poi formare per lavorare davanti allo schermo. Dunque, c’è la solita trafila, che prevede la partenza a livello giovanile fino a scalare le gerarchie per arrivare nei tornei più importanti.
Dopodiché l’AIA (Associazione Italiana Arbitri), che ha formato in fretta e in furia gli arbitri più importanti quando il VAR è stato introdotto in Serie A e a livello europeo, ha cominciato a lavorare anche sui fischietti più giovani, inserendo sempre di più il lavoro a schermo nella preparazione degli arbitri.
A Coverciano si tengono infatti con frequenza dei corsi che rilasciano agli arbitri partecipanti la certificazione per poter ricoprire il ruolo di VAR e AVAR, con esercitazioni e revisioni di situazioni che andavano per l’appunto gestite da parte del “quinto” e “sesto uomo” della squadra arbitrale.
I 4 casi di intervento del VAR
La formazione è più che necessaria, perchè i compiti dei fischietti che operano davanti a uno schermo sono molto diversi da quelli di chi è sul terreno di gioco.
Intanto, bisogna saper valutare l’ammissibilità dell’utilizzo del VAR, ovvero i quattro casi su cui si può intervenire (e sempre e solo in caso di chiaro ed evidente errore): una rete segnata o annullata, la concessione (o la mancata concessione) di un calcio di rigore, le espulsioni dirette e lo scambio di identità.
VAR e AVAR devono poi sapere che il collega in campo deve iniziare lui una revisione, mentre a loro spetta il compito di suggerirne una al collega.
La on field review dell'arbitro
L’ultima parola spetta poi comunque all’arbitro di campo, che può affidarsi a quanto gli viene detto da VAR e AVAR oppure far partire la “on field review” e recarsi lui stesso al monitor.
Agli arbitri al VAR spetta anche il gravoso compito di tirare le linee in caso di fuorigioco, anche se l’offside semi-automatico sembra destinato a dare una mano importante in questo senso.
I compensi per gli arbitri di VAR
E quanto guadagnano gli arbitri che lavorano al VAR? Beh, intanto si parte dal presupposto che si debba cominciare dai compensi generali dei fischietti, che hanno un contratto annuale la cui cifra base dipende dall’anzianità.
Un arbitro al primo anno di attività guadagna una base di 20mila euro, chi ha fino a 50 partite in A ne guadagna 30mila, chi ne ha oltre 50 va per i 60mila e gli internazionali arrivano a 90mila. Chi ha certificazione VAR, deve poi aggiungere altre cifre: 12mila euro per i primi tre anni, 24mila dal quarto anno e in caso di arbitro internazionale si parla di 30mila euro.
E poi ci sono i gettoni, partita per partita. Chi si ritrova davanti allo schermo in Serie A non percepisce quanto l’arbitro di campo (4mila euro a match), ma può comunque accontentarsi di ricevere un gettone da 1700 euro.
L’AVAR invece guadagna quasi la metà, 800 euro, meno dei 1400 degli assistenti dell’arbitro, ma comunque di più del quarto uomo, fermo a 500 euro. Per la B le cifre sono pressoché dimezzate.
Separazione delle carriere per il VAR?
E il futuro, cosa riserva? Nonostante al momento il ruolo di VAR e AVAR venga ricoperto dagli stessi arbitri che poi magari la settimana successiva sono in campo, non è così improbabile che arrivi una vera e propria “separazione delle carriere”, attraverso la quale formare arbitri che si specializzano solo ed esclusivamente sul VAR.
Certo, può sembrare un compito riduttivo, ma data l’importanza che l’aiuto tecnologico agli arbitri sta assumendo, è anche logico che si possa pensare di creare una professionalità specifica che garantisca i massimi standard quando si tratta di valutare quanto avvenuto in campo attraverso la revisione delle immagini.
Anche perchè ormai, per la poca gioia dei “nostalgici”, pensare a un calcio senza VAR (almeno ai massimi livelli) è un qualcosa di impossibile, come ha ben dimostrato la prima fase degli Europei Under-21 con decisioni arbitrali completamente sbagliate che hanno influito anche sulle quote calcio!
E quindi, ci sta che fare l’arbitro al VAR diventi…un lavoro a se stante!
*Le immagini dell'articolo sono distribuite da AP Photo.