Si fa presto a parlare di miracolo Atalanta e delle magie di Gasperini. E non si fa di certo un buon servizio alla società orobica, che nel corso dell’ultimo decennio ha fatto passi da gigante a livello di gestione e di risultati, trasformandosi in una realtà consolidata del calcio italiano.
La storica qualificazione in Champions
La conferma nell'Europa che conta
Di miracoloso, in fondo, c’è poco, perché tutto questo è il risultato della presidenza Percassi, che ha saputo prendere un club il cui vivaio è stabilmente tra i migliori del Paese e trasformarlo in un modello gestionale.
Certo, dietro c’è un grande gruppo dirigenziale, ma a guidare il tutto ci sono i tecnici. Ed è innegabile che da quando nel 2010 Percassi è tornato alla presidenza (dopo essere stato difensore della Dea e numero uno anche tra il 1991 e il 1994) ci sia stata un certa stabilità sulla panchina dell’Atalanta, fondamentale per la crescita dei calciatori e della società.
Il ritorno di Colantuono
Nel 2010 quello di Percassi non è stato l’unico grande ritorno a Bergamo, perché anche in panchina è spuntato un volto nuovo. A prendere le redini della Dea è infatti Stefano Colantuono, che era stato già in nerazzurro tra il 2005 e il 2007 ottenendo la promozione dalla Serie B e un ottimo ottavo posto. La situazione in cui si trova il tecnico romano è la stessa di cinque anni prima: c’è una Serie A da riconquistare e il compito è assolto con una certa facilità.
L’Atalanta vince il campionato di B 2010/11 davanti al Siena di Antonio Conte e torna tra le grandi del nostro campionato. Protagonisti della cavalcata sono Consigli, con il maggior numero di presenze in campo, e un altro romano, Simone Tiribocchi, capocannoniere della squadra.
La stagione successiva è complicata da una penalizzazione di sei punti inflitta alla Dea, ma la squadra di Colantuono regge l’urto e si classifica dodicesima (nona sul campo), superando il suo precedente record di punti. Le stelle sono Schelotto e Cigarini, che non per nulla vengono preconvocati da Prandelli per Euro 2012, anche se nessuno dei due poi parteciperà al torneo.
L’acquisto di grido è quello di German Denis, ma nel frattempo si fanno spazio ragazzi che diventeranno qualcuno come Bonaventura e Gabbiadini. La stagione 2012/13 si rivela più complicata. A gennaio l’ambiente è spaventato dalle cessioni di Peluso e Schelotto, ma la società conferma la fiducia a Colantuono, anzi, gli rinnova il contratto fino al 2016.
Dopo qualche crisi di risultati, la salvezza matematica arriva a due giornate dalla fine con sugli scudi Denis, recordman di presenze (38 in tutte le competizioni) e reti (15).
Edy Reja, una garanzia
La quarta annata della gestione Colantuono è tutto sommato abbastanza tranquilla, tra sequenze di risultati positivi che nella seconda parte di stagione fanno sognare addirittura l’Europa e un calo finale che porta a un undicesimo posto con il secondo miglior risultato in termine di punti della storia dell’Atalanta. Ma si sa, tutte le storie hanno una fine e nella stagione 2014/15 termina anche il ritorno di fiamma tra la Dea e Colantuono.
Il mercato porta via da Bergamo Bonaventura, ma regala l’arrivo di un certo Papu Gomez. In rosa entrano con costanza calciatori che saranno protagonisti in seguito, come Conti, Zappacosta e Gagliardini e a gennaio si presenta un giovane di buone speranze di nome Franck Kessie, ma sul campo le cose non vanno benissimo. A inizio marzo i nerazzurri sono a rischio retrocessione e arriva il cambio in panchina.
Al posto del tecnico romano arriva Edy Reja, che alla fine riesce a portare a casa la salvezza con due turni di anticipo e viene confermato per la stagione successiva. Il mercato porta nomi nuovi, da De Roon a Toloi, passando per Djimsiti e Freuler, così come gli addii di Moralez e Denis.
L’annata è interlocutoria, con un tredicesimo posto figlio di una partenza sprint, quattordici giornate senza vittorie e un finale di stagione nella media. Percassi però vuole cambiare marcia. E ha già individuato l’uomo giusto.
L'era Gasperini
Nell’estate 2016 comincia dunque l’era Gasperini, che rischia però di terminare dopo poche giornate: tre punti in cinque partite non sono un ottimo biglietto da visita, ma quando la squadra, rafforzata dal ritorno dal prestito di Kessiè e Petagna e dall’arrivo in inverno di Cristante, Gollini e Hateboer, ingrana la marcia giusta non ce n’è per nessuno.
Le cessioni di De Roon e Gagliardini, con il primo destinato a tornare dopo appena una stagione, non frenano la Dea, che vola sulle ali dell’entusiasmo. I 16 gol stagionali del Papu Gomez, record del club eguagliato in un singolo campionato, contribuiscono a un quarto posto storico, perché permette all’Atalanta di tornare nelle coppe dopo 26 anni e di terminare prima dell’Inter e del Milan in classifica. Il sogno però è solo all’inizio.
Lo stile di Gasp, tutto basato sui duelli individuali in ogni zona del campo, è di difficile interpretazione da parte delle squadre avversarie che, come spiega Guardiola, affrontano l’Atalanta come un appuntamento dal dentista: con parecchio malumore.
Il mercato estivo del 2017 (ri)porta a Bergamo De Roon, assieme a Palomino, Castagne, Gosens, Pessina, Mancini e soprattutto Ilicic, che sarà il capocannoniere stagionale della Dea. Il piazzamento è peggiore dell’anno precedente, settimo posto, ma il risultato finale è lo stesso, Europa League.
In Europa i nerazzurri passano il girone contro Apollon, Lione ed Everton, prendendosi il lusso di andare a vincere a Goodison Park con un clamoroso 1-5 anche per le scommesse calcio
La corsa continentale si ferma solamente ai sedicesimi contro il Borussia Dortmund, ma la stagione 2017/18 conferma che l’Atalanta, che nel frattempo inizia anche a ristrutturare l’Atleti Azzurri d’Italia, è una realtà del calcio italiano. Anche grazie al metodo Gasp, che permette di rimpiazzare i tanti calciatori ceduti (a peso d’oro) alle big con ragazzi giovanissimi o semi-sconosciuti individuati in campionati non di prima fascia.
La Dea è una macchina perfetta, con una condizione fisica costantemente eccellente e in grado di impensierire chiunque.
La storica qualificazione in Champions
E l’anno successivo se ne accorgono tutti. L’eliminazione dall’Europa League ai playoff è quasi una benedizione, perché la Dea si può concentrare sul campionato e lo fa benissimo. Il girone d’andata è interlocutorio e la banda Gasp lo termina all’ottavo posto, ma in quello di ritorno i nerazzurri mettono le marce alte.
Dodici vittorie, cinque pareggi e due sconfitte portano l’Atalanta a un risultato clamoroso, il terzo posto che vale la Champions League diretta.
E poco importa che protagonisti come Kessiè, Cristante o Spinazzola abbiamo lasciato Zingonia, perché arrivano Zapata o Pasalic a non farli rimpiangere. Il colombiano segna 28 reti, di cui 23 in campionato, e trascina la squadra anche alla finale di Coppa Italia, persa poi contro la Lazio.
La stagione 2019/20 è quella della Champions, con l’esordio assoluto nella massima competizione continentale. Dal mercato arrivano Muriel e Malinovs’kyj e gli addii, come sempre, non si fanno sentire.
L’idea di molti è che la Dea, visto il modo di giocare, possa soffrire il doppio impegno e gli inizi sembrano anche confermarlo. L’esordio in Champions è da brividi, con tre sconfitte contro Dinamo Zagabria, Shakhtar Donetsk e Manchester City.
Poi il pareggio con la squadra di Guardiola dà nuova linfa ai nerazzurri, che alla fine con due vittorie strappano la qualificazione alla fase a eliminazione diretta. Nel frattempo in campionato l’Atalanta rimane sempre ancorata al treno Champions e a febbraio è saldamente quarta.
Gli ottavi di Champions regalano due notti storiche, quelle delle partite con il Valencia, che però coincidono con gli inizi della pandemia. Ilicic paga pegno alla fatica mentale e resta fuori anche quando si torna a giocare. Alla fine però in Serie A l’Atalanta è di nuovo terza, mentre ai quarti di Champions c’è addirittura il Paris Saint-Germain.
Per quasi 90 minuti, la Dea sogna di volare in semifinale, prima di essere riportata sulla terra prima da Marquinhos e poi da Chopo-Mouting.
Ma ora è evidente, i nerazzurri sono una certezza. E la stagione in corso lo conferma. Persino l’addio di una bandiera come Gomez, entrato in conflitto con Gasperini, non sembra aver avuto conseguenze. Al suo posto come tuttocampista Gasp sceglie Pessina e finora ha avuto ragione lui.
La conferma nell'Europa che conta
E in Champions, nonostante un girone proibitivo con Ajax, Liverpool e Midtjylland, è di nuovo approdata agli ottavi, dove è stata eliminata dal Real Madrid, con grande rispetto dei bookmakers nella lavagna delle scommesse sportive online.
E poi c’è la finale di Coppa Italia contro la Juventus, per provare a portare in bacheca il primo trofeo dal 1961, quando gli orobici avevano vinto proprio la coppa nazionale.
Sarebbe il giusto coronamento di un cammino fatto di programmazione, idee e impegno. Miracolo sì, ma fino a un certo punto…
*Le immagini dell'articolo, entrambe distribuite da AP Photo, sono di Felice Calabrò e Peter Powell.